Racconto della settimana

Non di più colpo che Soave vento

27 settembre 2015
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Niente pagina, niente dettagli sul delitto. Misi ordine nelle informazioni in mio possesso. Primo: la vittima. Sapevo che Pietro aveva già colpito il Clero e la Borghesia. I versi danteschi, che, spiegò Wikipedia, si riferivano al podestà di Urbino, Guido da Montefeltro, confermavano la facile congettura: doveva trattarsi di un personaggio legato allo Stato, un politico. Secondo: il luogo. Mendrisio e Lugano erano già state macchiate di sangue, poteva quindi trattarsi di Bellinzona? Terzo: la data. Pietro, sul retro del frontespizio, rivelava che la sua vendetta si era consumata in quarantotto anni. Nel 1843 i fatti del Bisbino; quindi l’ultimo delitto era avvenuto al più tardi nel 1891. Una nuova ricerca in Internet e una terribile ipotesi prese forma nei miei processi deduttivi. L’11 settembre è, per anticipazione, una triste data anche per il Canton Ticino: nel 1890, nei giorni della riscossa liberale, venne ucciso il Consigliere di Stato conservatore Luigi Rossi durante l’assalto al palazzo governativo. Ne fu ritenuto responsabile Angelo Castioni, che trovò riparo a Londra e fu condannato in contumacia a 8 anni di reclusione. Da allora Luigi Rossi è considerato il martire dei conservatori, sempre presente nelle ricorrenze del Partito Popolare Democratico, mentre di Angelo Castioni si sono completamente perse le tracce, sepolto nelle segrete delle coscienze progressiste. L’ipotesi, ormai quasi certezza, era sconvolgente: se Luigi Rossi fosse invece morto per il colpo sparato dal cecchino Pietro Caimi? Nessun attentato dei comunardi ma la spietata vendetta per l’abbandono di un neonato 67 anni prima? Dedicai le ore seguenti a ispezionare di nuovo ogni pagina dell’Inferno. E così, sulla terza di copertina, trovai ancora qualche riga in quella grafia che ormai mi era familiare. Pietro spiegava: la pagina era stata tagliata e nascosta sotto il parquet di un’aula dell’Istituto. La sua vita era stata una lunga caccia per realizzare la sua vendetta, che lo fosse ora anche per chi ricercava solo la verità.

In quest’ultimo anno ho trascorso molte ore nelle aule dell’edificio, sollevando una per una le assi del pavimento, ma di Guido da Montefeltro ancora nessuna traccia.

E ora è troppo tardi. Oggi, lunedì 17 agosto del 2015, un triste scenario occupa la finestra della mia camera. Il Babau, del quale parlava mia nonna, è davvero arrivato per distruggere un luogo di questa città e forse un pezzo di storia di questo Cantone. Ma sicuramente sparirà un tassello importante della mia vita. L’enorme escavatrice gialla ha già alzato il suo braccio sulle mura dell’Istituto. Senza pietà, ridurrà presto a silenziose macerie l’ultimo grido di vendetta di Pietro Caimi.

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