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La moneta virtuale per i pagamenti comuni? Parliamone

A colloquio col direttore delle Strutture carcerarie cantonali Dario Laffranchini. E ancora: dai Mondiali brasiliani del 1950 alle dimissioni di BoJo

12 luglio 2022
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Criptovalute sì, criptovalute no? È un coro a più voci, alcune positive, altre di parere opposto sul loro utilizzo come forma di pagamento. Mentre a Lugano e a Chiasso da qualche tempo ormai la criptovaluta può essere impiegata come mezzo di pagamento anche per le imposte, più recente è la decisione del Cantone di accettarla come forma di pagamento per alcune tasse amministrative. Ma, appunto, c’è chi è più scettico sulla diffusione su larga scala del bitcoin. Come Antonio Mele, professore ordinario di finanza all’Università della Svizzera italiana, secondo cui pagare tasse, imposte e stipendi con la moneta virtuale è un’inutile complicazione.

Sono tre i pilastri su cui si fonda l’istituzione carceraria: la risocializzazione della persona in detenzione, la sicurezza e le condizioni generali per una gestione efficace della struttura detentiva. Pilastri che riassume, in una chiacchierata il direttore delle Strutture carcerarie cantonali Dario Laffranchini. Una chiacchierata che parte (anche) dalla prossima entrata in funzione dell’aggiunto e sostituto direttore Roberto Simona, "con cui potremmo concentrarci sull’aspetto, fondamentale, della risocializzazione dei detenuti".

Nuovo capitolo della marcia di avvicinamento a Qatar 2022. Oggi l’obiettivo di Stefano Marelli si ferma su Brasile 1950. Un’edizione che si chiuse con il trionfo dell’Uruguay dei ‘ticinesi’ Maspoli e Ghiggia, con quest’ultimo autore del decisivo 2-1 nella finale del Maracana proprio contro il Brasile.

Aldo Sofia, nel commento odierno, ci fornisce un’altra chiave di lettura delle dimissioni inoltrate da Boris Johnson: una decisione maturata (anche) soprattutto da ragioni economiche. Si possono per esempio dare molte e valide spiegazioni alla caduta di Boris Johnson in Gran Bretagna, ma il ‘Guardian’, annota Sofia, mette ai primi posti il fatto che comunque oggi quasi una famiglia britannica su dieci non ha abbastanza da mangiare ‘semplicemente’ perché l’impennata dei prezzi ha gonfiato il costo del cibo. E inutilmente, pochi mesi fa, il Financial Times si era appellato agli imprenditori inglesi, in affanno per la difficoltà di reclutare lavoratori, col titolo: "Sapete cosa c’è? Pagateli di più!".

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