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Auto in colonna? L’Ata ci vuole mettere un... tetto

Dall’incontro con l’economista Christian Marazzi a quello con i letterati Yari Bernasconi, Anna Ruchat e Fabiano Alborghetti. E... Putin

25 maggio 2022
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Classe 1951, economista dalla lunga carriera accademica in Europa e negli Stati Uniti, Christian Marazzi si racconta alla penna di Lorenzo Erroi. Un incontro a 360 gradi, parlando di passato (del suo passato: «Al liceo aderii qui in Ticino al Movimento Giovanile Progressista, poi rinominatosi Lotta di Classe, e mi avvicinai progressivamente all’operaismo dei Quaderni Rossi e di Potere Operaio. Allora ci pareva che le lotte nelle fabbriche incarnassero il cambiamento politico e sociale, e che a noi studenti spettasse la con-ricerca, la cosiddetta ‘inchiesta operaia», svolta su quel mondo vivendovi e conoscendolo dall’interno. Per questo andai a Zurigo a fare il mulettista per la Brown-Boveri»), presente e futuro, vertendo attorno al tema del lavoro.

E guarda avanti, alla ricerca di una soluzione al traffico e alle colonne l’Ata, l’Associazione traffico e ambiente. Sul tavolo una proposta che cambia prospettiva e reagisce al continuo potenziamento degli assi stradali (incluse terza corsia e corsia per i Tir lungo il tratto sud dell’A2): mettere un tetto alle auto in transito sulle principali arterie. L’alternativa? Trasferire i pendolari sul trasporto pubblico. Cominciando dal Mendrisiotto.

Alla vigilia dell’apertura delle 44esime Giornate letterarie di Soletta, vi proponiamo un incontro con Yari Bernasconi, che stasera, quale antipasto alla kermesse, riceverà il premio svizzero alla letteratura, Anna Ruchat (premiata nel 2019) e Fabiano Alborghetti (insignito nel 2018).

Volente o nolente, Putin se ne deve fare una ragione: l’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia lo priva di fatto della ‘zona cuscinetto’. Un’accettazione che, osserva Giuseppe D’Amato nel suo commento odierno, lo ‘zar’ deve fare ma non senza dettare le sue linee guida, ossia a patto che non vengano schierati armamenti pesanti al confine con la Russia.

Troppo spesso, ancora oggi, si tende a relegare la violenza domestica, sessuale e di genere, alla sfera privata, alle dinamiche psicologiche individuali, quando il problema è in realtà sistemico. Una dimensione strutturale emersa chiaramente anche nei preziosi e intensi documentari, trasmessi a Falò il 12 maggio, della giornalista Anna Bernasconi. In Svizzera lo scorso anno ci sono state oltre 20’000 infrazioni per violenza domestica, 1’457 denunce per violenza sessuale e un femminicidio ogni due settimane; in più dell’80% dei casi, le vittime sono donne e ragazze, aggredite da uomini, (ex) partner, padri o altri familiari. Ma, per quanto i dati siano agghiaccianti, non si può dimenticare che la realtà è ancora peggio: solo una minima parte dei casi viene segnalata alla polizia (si stima tra l’8 e il 15%). Cifre che, nel dibattito che pubblichiamo nell’edizione odierna, snocciola la consigliera nazionale dei Verdi Greta Gysin, secondo cui di questo tema «non se ne parla abbastanza».

Buona lettura!

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