Impact Journalism

Un angelo alla mia porta

(Gabriele Putzu)
25 giugno 2016
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di Paolo Ascierto, laRegione, Svizzera

Alessandra li chiama i suoi angeli. I loro volti e i loro nomi ha imparato a conoscerli solo in un secondo tempo. Perché non ricorda nulla di quella mattina in cui le si è fermato il cuore. 

Stava sciando con la figlia di quattro anni e con il marito a Campo Blenio, una località a milleduecento metri sul livello del mare e lontana quindici chilometri dal primo Pronto soccorso. Quindici chilometri che si snodano su una strada di montagna stretta e piena di tornanti. 

Ed ecco l’arresto cardiaco. Alessandra cade a terra, le labbra e le orecchie diventano cianotiche. Subito il marito si rende conto della gravità della situazione, avverte i soccorsi e inizia a mettere in pratica quanto ha imparato di recente: la rianimazione cardiopolmonare. Poco dopo giungono sul posto un agente di polizia, un medico, un soccorritore e un defibrillatore. Minuti più tardi l’elisoccorso che rende possibile il trasporto in ospedale. 

Alessandra si salva senza riportare nessun danno cerebrale. Sono passati tre anni, oggi ha trentanove anni, può nuovamente abbracciare la sua bambina. È tornata a lavorare, è tornata a vivere. Ma quello di Campo Blenio non è stato un miracolo. Alessandra è ‘solo’ uno dei tanti lieti fini scritti grazie ai ‘First responder’. Ossia grazie a quelle persone comuni – dal compagno d’ufficio, all’amico, passando per il vicino di casa e via dicendo – che, allertate da un messaggio sul proprio smartphone, in qualsiasi momento e in ogni luogo sono pronte a trasformarsi in rianimatori e a correre in soccorso di una persona colpita da un arresto cardiaco nel giro di pochi attimi. 

In Ticino sono duemila, si chiamano anche ‘soccorritori laici’ e sono stati formati negli ultimi undici anni dalla Fondazione Ticino Cuore. Il loro campo di azione copre oramai tutto il territorio cantonale e la missione è chiara: essere sul luogo dell’arresto cardiaco il prima possibile. 

«Ogni minuto che passa – ricorda infatti il direttore della Fondazione Ticino Cuore Claudio Benvenuti – le possibilità di sopravvivenza diminuiscono del dieci per cento, mentre aumenta il rischio di subire danni cerebrali». E calcolando che in Ticino in media un’ambulanza impiega nove minuti per raggiungere un paziente, non stupisce il fatto che fino a una quindicina di anni fa oltre l’ottanta per cento dei casi non sopravviveva. Per questa patologia andavano trovate soluzioni alternative e più immediate. Ecco dunque che la fondazione, nata nel 2005 su iniziativa del Cardiocentro e della Federazione ambulanze per ridurre il tasso di mortalità di arresti cardiaci e infarti, da un lato ha promosso anno dopo anno la diffusione delle tecniche di rianimazione tra i non professionisti e di oltre mille defibrillatori accessibili al pubblico; dall’altro ha creato «una rete di First responder». Una rete che, continua Benvenuti, «in questi dieci anni si è sviluppata e si è trasformata in un modello che sta prendendo piede a livello globale». 

Un modello che nei dettagli funziona così: i ‘First responder’ scaricano e installano sul proprio smartphone un’apposita applicazione. «Quando si allerta il 144 (il numero di soccorso svizzero, ndr) e l’operatore riconosce i sintomi di un arresto cardiaco – spiega il direttore della fondazione –, viene immediatamente inviato un messaggio di allerta che appare, grazie a questa applicazione, sui telefonini di tutti e duemila i soccorritori laici. Se una di queste persone si trova vicino al paziente può in tal modo disporre di tutte le indicazioni per raggiungerlo e per soccorrerlo». E non solo: sullo schermo dello smart-
phone appare pure la zona in cui è possibile trovare il defibrillatore più vicino alla propria posizione. 

Capillarità sul territorio, velocità di attivazione e reperibilità sono quindi gli ingredienti che fanno dei ‘First responder’ una ricetta vincente. Lo dicono anche i numeri: «Negli ultimi dieci anni in Ticino è triplicata la sopravvivenza in seguito ad arresti cardiaci. Nello specifico – sottolinea Benvenuti –, si è passati dal sedici per cento del 2003 al cinquantacinque per cento del 2014». 

E come si finanzia la fondazione e la rete di laici? «Tutte le attività della fondazione sono finanziate da privati, tramite donazioni, campagne e diversi sostenitori. L’ente pubblico – continua il direttore – ha partecipato esclusivamente finanziando la metà dei costi della formazione nelle Scuole medie». A proposito di finanziamenti, ne serviranno per la nuova idea partorita dalla Fondazione Ticino Cuore: il drone che porta il defibrillatore dove ce n’è bisogno. «Il drone? Beh – sorride il direttore della fondazione –, questa sarà forse una voce di spesa del futuro». 

Con o senza drone «il defibrillatore rimarrà in ogni caso uno strumento importantissimo poiché permette al cuore di riprendere spontaneamente il proprio battito. Quelli di ultima generazione, inoltre, sono facili da utilizzare». E possono trasformare una persona comune in un ‘First responder’ e, magari, in un angelo. 

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