Educazione

Disuguaglianza a scuola: prospettive e strategie educative

Le disparità nell’istruzione tra chi proviene da contesti familiari diversi sono ancora significative. Che ruolo può giocare la scuola?

Il percorso formativo a volte è falsato dal ruolo nostro (e della famiglia) nella società
(depositphotos)

Le società contemporanee si orientano sempre di più verso un tipo di organizzazione meritocratico in cui opportunità lavorative, ruoli di responsabilità e mobilità sociale si offrono a chi dimostra merito, indipendentemente dalle condizioni di provenienza. Se questa ci appare una buona notizia, perché tendiamo a vedere il merito come antitetico a pratiche come il clientelismo e il nepotismo, che privilegiano le relazioni personali e familiari a discapito dell’equità e della competenza, dobbiamo contenere il nostro ottimismo. Nel merito individuale, riconosciuto e segnalato dalla scuola attraverso le note e i diplomi, non c’è niente di male, al contrario, è giusto che determinati posti vadano a chi è più qualificato. Il problema è nel fatto che gli individui non hanno uguali opportunità di arrivare a determinati traguardi scolastici e che non è meramente una questione d’impegno individuale, e di questo tendiamo a scordarcene. In Ticino, anche se sempre più persone ottengono un titolo di studio post-obbligatorio – secondo il rapporto “Scuola ticinese in cifre 2023” del DECS, nel 2020 il 90% della popolazione venticinquenne residente possedeva un diploma del Secondario II – ci sono ancora significative disparità nell’accesso all’istruzione e nei risultati scolastici tra chi proviene da contesti familiari diversi, così come avviene in molti altri Paesi.

Una recente ricerca realizzata da Zanolla, Petrucci e Meier del Centro competenze innovazione e ricerca sui sistemi educativi del Dipartimento formazione e apprendimento/Alta scuola pedagogica della SUPSI sulle valutazioni in italiano e matematica di un’intera coorte di allievi di quinta elementare ha evidenziato che, a parità di livello di abilità nelle due discipline, misurato attraverso due test standardizzati, le note di fine anno risentono di fattori come l’origine sociale, il genere e la lingua madre dell’allievo.

Non solo i bambini e le bambine di estrazione sociale più favorita riportano punteggi nei test standardizzati di matematica e italiano superiori ai coetanei di provenienza sociale meno avvantaggiata ma, a parità di punteggio riportato nei test, ottengono note in pagella un po’ più elevate.


Supsi
Non siamo (ancora) tutti uguali di fronte alla scuola

L’influenza della famiglia di origine

Sulla scia dei lavori del sociologo Bourdieu degli anni Sessanta e Settanta diversi studi hanno indagato sull’influenza esercitata dalla famiglia sugli esiti scolastici dei ragazzi. Gli stili educativi dei genitori, più o meno in grado di supportare i figli nello studio, più o meno attivi nel programmare le loro attività extracurriculari e più o meno affini all’istituzione scolastica e capaci di negoziare con essa, influenzano significativamente le esperienze dei bambini e le loro opportunità di apprendimento, con conseguenze a lungo termine sull’istruzione e sulla mobilità sociale.

Per gli economisti Doepke e Zilibotti, la crescita della genitorialità intensiva, che consta appunto di un profondo coinvolgimento dei genitori nella vita scolastica dei figli, va di pari passo con l’aumento della diseguaglianza e il crescente valore accordato all’istruzione, ritenuta imprescindibile per garantire ai figli un futuro. Nonostante le perplessità circa questa stretta supervisione da parte dei genitori sulle attività scolastiche e le sue ricadute sul livello di autostima, il senso di autoefficacia personale e la costruzione di una propria identità dei ragazzi, sembra che un maggior coinvolgimento dei genitori si traduca in una migliore riuscita scolastica e che questo approccio sia dunque una risposta razionale all’attuale assetto economico. D’altra parte, i genitori degli strati sociali meno favoriti e istruiti, pur avendo ugualmente a cuore l’istruzione e il futuro dei propri figli, si trovano ad affrontare maggiori ostacoli culturali, sociali e psicologici che li portano a essere meno presenti a scuola e li collocano in una posizione di svantaggio in quella che secondo il sociologo britannico Major è una vera e propria “corsa agli armamenti” educativi.

Il ruolo della scuola

Che ruolo ha la scuola in tutto questo? È innegabile che ci siano notevoli limiti a ciò che gli insegnanti possono realizzare da soli, specialmente nel fronteggiare le disuguaglianze sociali e le sfide socioeconomiche più ampie. Nonostante ciò, come la chiusura della scuola a causa della pandemia del 2020 ha dimostrato, senza di essa le asimmetrie sarebbero ancora più pronunciate. La scuola può infatti fornire un ambiente sicuro e stimolante, offrire supporto agli allievi con meno risorse, adottare politiche d’inclusione e diversità e collaborare con la comunità per affrontare le sfide socioeconomiche. È inoltre importante mettere in atto delle strategie volte quantomeno a evitare di contribuire ad amplificare la diseguaglianza.

A questo proposito, studi sociologici internazionali suggeriscono che l’equità implichi innanzitutto dedicare maggiore attenzione agli allievi che ne hanno più bisogno, anche quando potrebbe venire spontaneo dare la priorità ai genitori che si mostrano più esigenti e critici. In secondo luogo, si tratterebbe di adottare uno schema mentale che si focalizzi sulle capacità dell’allievo anziché sulle sue carenze e che valorizzi le diverse forme di talento dei bambini, non solo il loro rendimento scolastico; in terzo luogo, molta importanza è attribuita alla collaborazione con le famiglie e al coinvolgimento dei genitori nel processo educativo. Un ulteriore punto che viene messo in risalto è la capacità di riflettere sui propri pregiudizi e stereotipi, che possono influenzare le dinamiche in classe e avere un impatto sulle aspettative e sulle opportunità di apprendimento degli allievi. Sarebbe altresì utile stimolare un confronto tra i docenti circa i criteri di attribuzione delle note al fine di mettere a punto delle strategie per una valutazione il più possibile omogenea e oggettiva.

Se è forse utopistico che la scuola diventi il grande equalizzatore delle condizioni di partenza degli individui auspicato da Horace Mann, il padre della scuola elementare pubblica statunitense, è indubbio che la mobilità sociale passi da un’istruzione di qualità per tutti e, come sostengono i sociologi Argentin e Pavolini, per realizzare una società più equa è più facile intervenire sui meccanismi con cui le scuole e i docenti operano che cambiare l’allocazione delle risorse tra le famiglie degli allievi.

In collaborazione con il Dipartimento formazione e apprendimento/Alta Scuola Pedagogica

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