laR+ IL COMMENTO

‘Per parlare con il Festival, digitare 1’

Sarà Chat Gpt a scrivere i comunicati di Locarno77? Se chiameremo il PalaCinema risponderà un automa? Queste e altre paure (infondate) in 3437 battute

In sintesi:
  • Nessuno ce l'ha con chi arriverà, è solo affetto per chi se ne va
  • Non è disfattismo, è solo metathesiofobia (cercavamo una parola altisonante)
‘Beh, se non c’è altro io andrei’
(LFF)
14 agosto 2023
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“Buongiorno, vorrei parlare con il direttore”. “Buongiorno, sono il direttore”. “Buongiorno direttore. Vorrei farle presente che la vostra impiegata è scostumata”. “Gentile signora, in questa filiale non lavorano dipendenti donna…”. “Ma come, la vostra impiegata, quella che mi ha risposto stamattina al telefono! All’inizio era gentilissima, poi era come se parlasse da sola. Ma vi sembra il modo di trattare i clienti?”.

A inizio anni 90, le banche italiane si dotarono dei primi risponditori automatici dalla voce femminile; nessuno ancora aveva sollevato il problema che Siri (l’assistente vocale dell’iPhone) sarebbe un prodotto del maschilismo imperante e a uno sportellista cassiere poteva capitare d’imbattersi in signore di una certa età infastidite dalla mancanza di empatia da parte del messaggio preregistrato, scambiato per una tizia malmostosa in carne e ossa. Erano gli albori dell’intelligenza artificiale, quando il risponditore non aveva nulla d’intelligente, ma la comunicazione era già diventata artificiale, o almeno artificiosa.

Questa non è una delle storie di Pinello che ci hanno accompagnati per tutto Locarno76, chiusosi lo scorso sabato forte del successo di pubblico e di un grido di libertà che, evidentemente, non basta per togliersi di dosso l’etichetta di festival “atlantista” che alcuni sostenitori del cinema russo (scuola che il Locarno Film Festival, per altro, ha sempre strenuamente sostenuto, anche rimettendoci del suo) gli hanno affibbiato negli ultimi giorni. Ma questo è un altro discorso. Quello della signora che tenta di instaurare un dialogo con la macchina è solo un vecchio ricordo venuto a suggerirci che a Locarno non tutto è primanostrismo cinematografico, e cioè che non tutti piangono la partenza di Marco Solari perché chi arriva dopo di lui “non parla italiano”; forse, e più semplicemente, qualcuno rivendica il diritto di elaborare un lutto. E quindi è vero che c’è poco da fare i provincialisti, ma dopo la serata di sabato, dopo il serrato montaggio d’immagini d’archivio dedicato al presidente prima dell’addio in Piazza Grande, può essere umana sensazione quella di avere perso, oltre che il gentiluomo al comando, un cineriferimento cittadino, nel timore che da domani in avanti, digitando il numero del PalaCinema, ci si possa sentir rispondere: “Buongiorno. Tutte le linee sono occupate. Per parlare con il direttore artistico digiti 1; per quello operativo digiti 2; per il Presidente digiti 3. Altrimenti resti in attesa, un operatore le risponderà il prima possibile”.

La scorsa settimana, il presidente Solari parlò di parresia, detto molto in sintesi “la libertà di dire tutto”, che è propria del Festival. Presi da un piccolo complesso d’inferiorità, ci siamo rivolti al motore di ricerca per trovare una parola sufficientemente altisonante e abbiamo recuperato ‘metathesiofobia’, ovvero ‘paura del cambiamento’, la preoccupazione di molti che, pensando al Festival di domani, considererebbero la segreteria telefonica come il minore dei mali. In caso di attacco di panico, comunque, le pagine che seguono contengono, a nostro parere, una serie di buoni motivi per tranquillizzarsi sul futuro della manifestazione tanto amata. A partire dal fatto che lo sciopero di Hollywood ha privato Locarno76 di alcune stelle, ma nessuno se n’è accorto.

Nota per il lettore: per la realizzazione di questo commento non è stato impiegato alcun programma di intelligenza artificiale

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