laR+ IL COMMENTO

In un parlamento si deve parlare

La scelta di Zali di non rispondere alle domande sul Consuntivo del suo dipartimento stride con il rispetto dei ruoli e le responsabilità che comportano

In sintesi:
  • Trattare con sufficienza l'espressione del popolo sovrano è rischioso
  • Il Consuntivo '22 era anche la motivazione per parlare della prossima manovra di rientro
  • La politica capisca che si discute per il bene comune, non per campagne elettorali permanenti
L’estate porterà la calma che serve
(Ti-Press)
23 giugno 2023
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Con la democrazia non si scherza e il primo a saperlo dovrebbe essere proprio il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, che da sempre è uno strenuo difensore delle istituzioni e del loro valore.

La sua decisione, nella seduta di Gran Consiglio di mercoledì, di non rispondere ai portavoce dei gruppi parlamentari e agli interventi previsti dal dibattito libero nell’analisi del suo Dipartimento stride con quello che dovrebbe essere il rispetto dei ruoli con le responsabilità che comportano. Zali prima di congedarsi ha rilevato come “siedo da 10 anni in Consiglio di Stato e a mia memoria non è mai successo che siano stati necessari tre pomeriggi per approvare un Consuntivo non drammatico”, che “onestamente credo che così non si possa andare avanti”, che – cannonata al capogruppo Udc Sergio Morisoli ‘padre’ dell’omonimo decreto sul contenimento della spesa – “questi tre pomeriggi costano circa 100mila franchi” e che il tutto è diventato “una sorta di ora delle domande che si è dilatata all’infinito”. In cinquanta secondi netti ha risposto “solo a chi ha sollevato questioni afferenti al Consuntivo” e ha salutato.

Non è un comportamento che lascia ben sperare per i buoni rapporti tra Consiglio di Stato e Gran Consiglio, soprattutto considerando cosa aspetta entrambi: manovra di rientro, crisi del potere d’acquisto, costi che si impennano per famiglie e mondo economico. Un parlamento, per sua stessa definizione, deve parlare. Trattare con sufficienza l’espressione democratica del popolo sovrano, e rifiutarsi di rispondere a considerazioni e suggestioni di deputate e deputati, corre il rischio di allontanare ancora di più le istituzioni da una popolazione che vota sempre meno, e sempre più si sceglie la scheda senza intestazione.

I tre pomeriggi di dibattito sul Consuntivo 2022 sono stati lunghi. Anzi, a tratti ‘soporiferi’, come riportato anche nelle nostre cronache. Ma dovrebbe essere ormai pacifico che i dibattiti liberi su Preventivi e Consuntivi vadano per le lunghe, e che non sempre le domande siano precise su questa e quella voce di spesa ma che si allarghi il compasso. Vero è che in questa sessione i tempi si sono “dilatati”, ma va pure detto che il Consuntivo 2022 era la buona motivazione per parlare sia dei dati del Preconsuntivo 2023 – deficit di 224 milioni aggiornato ad aprile –, sia del Preventivo 2024 in fase di allestimento da parte del governo e che traccerà la linea per arrivare al pareggio di bilancio. Che i gruppi in Gran Consiglio si esprimano nella sede che da secoli e in ogni Paese civile gli compete dovrebbe essere il minimo, non qualcosa da biasimare.

Su una cosa però Zali può aver ragione. Una politica che si parla addosso in modo spesso inconcludente non porta a niente di buono a livello di proposta, e nemmeno a livello di risoluzione dei problemi. I partiti bacchettati col silenzio dal direttore del Dt, da questa lunga sessione di Gran Consiglio dovrebbero far tesoro del fatto che se il diritto di parlare e di ricevere risposte è scolpito nella pietra, questo diritto dovrebbe essere teso al bene comune, alla risoluzione dei problemi di chi vive fuori dal Palazzo, di chi con le proprie tasse fa girare la ‘macchina Stato’. Non certo alla campagna elettorale permanente, alla rendita di posizione, alla ricerca di virgolettati, foto e inquadrature.

Così lontane anche queste dai principi che un Legislativo deve difendere con le unghie e con i denti.

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