laR+ IL COMMENTO

La precarietà cresce e divampa la rabbia sociale

Nessuno dovrebbe rimanere indietro. Perché quando troppi restano indietro poi la situazione diventa ingestibile

In sintesi:
  • Quando non si ha più nulla da perdere è più facile andare in tilt e scaricare la frustrazione verso quello Stato (e i suoi funzionari) che non è più visto come qualcuno che protegge ma che prevarica e ti toglie il pane di bocca
  • Basteranno corsi di autodifesa per i funzionari per evitare il peggio? 
4 novembre 2022
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Il fuoco cova sotto la cenere di una crisi senza precedenti. Qualche segnale preoccupante iniziamo a coglierlo sul territorio, chi è al fronte e offre un aiuto urgente ha visto crescere la precarietà negli ultimi mesi. Dall’estate sono aumentati del 40% i cittadini in cerca di cibo scontato nei negozi Caritas. Le due mense sociali di fra Martino stanno servendo il doppio dei pasti: 160 in due settimane. L’associazione Tavolino Magico, che salva cibo e lo consegna ogni settimana a oltre 2’500 persone indigenti, sta aprendo un nuovo centro di distribuzione, il quindicesimo in Ticino e il quarto in centro a Lugano. Una crescente precarietà che sfugge ai radar delle cifre ufficiali soprattutto quando non si trasforma in aiuti sociali. Spesso i nuovi poveri non chiedono gli aiuti che spetterebbero loro per il timore di perdere il permesso di risiedere in Ticino. Allora ci sono altre stampelle sul territorio per tamponare l’emergenza. Tra i nuovi precari ci sono sempre più giovani: molti di loro si chiedono perché devono pagare la cassa malati, visto che non la usano. Tra i nuovi indebitati anche lavoratori che pagavano puntualmente tutte le fatture. Quando però ti trovi a dover scegliere tra l’ipoteca o la cassa malati, tra la bolletta dell’elettricità o la cena della tua famiglia, tra il tuo salario o quello dei tuoi dipendenti… la frustrazione monta come panna. Secondo uno studio della Scuola universitaria professionale di Berna, l’aumento dei prezzi ha già spinto verso la povertà 78’000 persone in Svizzera. Le rendite dell’Avs e dell’Ai, così come le prestazioni complementari, verranno adeguate all’inflazione nel 2023, ma ciò non basta. Troppi rincari, tutti insieme, stanno impoverendo sia chi già vive al limite, sia chi ha un certo agio. Salgono i prezzi di elettricità, riscaldamento, carburante, cibo, ipoteche e l’anno prossimo arriverà la mazzata dei premi di cassa malati, che toglie il sonno non solo ai cittadini a basso reddito. La politica deve darsi una mossa ed estendere i sussidi per l’assicurazione malattia (se ne discuterà probabilmente a dicembre a Berna) perché già oggi ci sono tutti i segnali di uno tsunami in arrivo. Per il prossimo anno, l’avvocato Fernando Piccirilli (alle pagine 2 e 3) pronostica un’impennata dei pignoramenti. Più lavoro per l’Ufficio esecuzione e fallimenti che dirige. Il suo timore è quello di veder aumentare ulteriormente anche l’aggressività dei debitori verso i suoi funzionari. Quando non si ha più nulla da perdere è più facile andare in tilt e scaricare la frustrazione verso quello Stato (e i suoi funzionari) che non è più visto come qualcuno che protegge, ma che prevarica e toglie il pane di bocca. Più crescono gli svantaggiati, più crescono frustrazioni e conflitti, la crescente insoddisfazione può esplodere in rabbia sociale. È una bomba a orologeria che la politica deve considerare, valutando attentamente l’impatto delle decisioni prese anche sulla sicurezza sociale e non solo sui bilanci. Nessuno dovrebbe rimanere indietro. Perché quando troppi restano indietro poi la situazione diventa ingestibile. I funzionari sono già oggi bersaglio di un crescente scontento che sta aumentando, una rabbia sociale che non ha una valvola di sfogo politica per arginarla e trasformarla: basteranno corsi di autodifesa per i funzionari per evitare il peggio?

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