laR+ Il commento

L’infermiere senior che si ‘mangia’ l’ultimo arrivato

Più le gerarchie sono rigide, le posizioni cristallizzate, più la leadership non sa cogliere i segnali, più possono proliferare molestie psicologiche

In sintesi:
  • Il punto è che un’emorragia di curanti oggi proprio non possiamo permettercela. In Svizzera mancheranno 65’000 infermieri e infermiere entro il 2030
  • Trasparenza e ascolto sono due buoni alleati contro gli errori in corsia. La parola chiave è rispetto. 
20 ottobre 2022
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Tra camici e pillole, in corsia c’è un detto: l’infermiere senior divora l’ultimo arrivato. Ci sono quei leader, esperti nell’azzerare l’entusiasmo altrui, che sanno creare l’inferno, quando instaurano dinamiche simili al ‘nonnismo’. Un velato bullismo che può avvenire anche tra colleghi, tra i superiori, verso il novizio, verso quello meno qualificato. Se ne sta discutendo in questi mesi in vari reparti dell’Ospedale regionale di Lugano, dove sono in corso interessanti iniziative volte ad approfondire una tematica decisamente nuova (anche se accademicamente sempre più studiata), a far emergere situazioni storte da raddrizzare.

Il bullismo lo abbiamo sempre associato ai banchi di scuola, a studenti dalla scazzottata facile, mai a infermieri chiamati a prendersi cura dei più fragili. Purtroppo succede anche questo. Grazie alla tenacia di una infermiera – una dirigente in questo caso – il velato bullismo in corsia è ora sotto i riflettori, imponendo riflessioni ed eventuali correttivi, al fine di promuovere il benessere dei curanti, strettamente legato a quello dei pazienti. Giovanna Pezzoli, che gestisce all’ospedale Civico 800 infermieri, ci spiega come questa epidemia può far ammalare l’intero team e avere eventuali ripercussioni sulle cure erogate. Un infermiere ‘bullizzato’ potrà mai essere concentrato sui malati? E l’intero team, quanto sarà focalizzato sulle dinamiche interne tossiche e quanto sui pazienti?

Più le gerarchie sono rigide, le posizioni cristallizzate, più la leadership non sa cogliere i segnali, più proliferano queste umilianti molestie psicologiche. E con esse il costoso assenteismo. Il punto è che un’emorragia di curanti non possiamo permettercela. La situazione è già abbastanza drammatica. Stando all’Osservatorio svizzero della salute, in Svizzera mancheranno 65’000 infermieri e infermiere entro il 2030. Già oggi questo settore registra 11mila posti vacanti. Senza il personale reclutato massicciamente in Italia, gli ospedali ticinesi chiuderebbero; la pandemia ci ha mostrato che cosa significa.

Dietro a questi camici, ci sono persone che fanno salti mortali tra famiglia e lavoro, in una realtà fatta di ore supplementari, di pressione al risparmio, di turni spossanti, di orari irregolari, di tempi di recupero troppo corti per ritrovare le forze, di frustrazione per il poco tempo da dedicare ai pazienti. Alla lunga è logorante. Infatti, un terzo del personale infermieristico lascia la professione nei primi anni. Da qui l’urgenza di fare qualcosa, anche contro quei comportamenti incivili che allontanano dalla professione.

La parola chiave è rispetto. Rispetto verso il paziente, i familiari ma anche i colleghi. È uno dei 5 nuovi valori su cui sta puntando il direttore dell’Eoc Glauco Martinetti, per creare un ambiente lavorativo di qualità per dipendenti e pazienti. Valori che sta condividendo in queste settimane coi suoi seimila dipendenti. Col suo team ha appena messo nero su bianco un dettagliato codice di comportamento e sta testando un nuovo sportello virtuale per segnalazioni anonime. Trasparenza e ascolto sono due buoni alleati contro gli errori in corsia. Chi sa e non parla per paura di perdere il posto, forse ora si farà avanti, se avrà la certezza che la sua denuncia finirà in mano a professionisti veramente indipendenti. Questa è la scommessa da vincere.

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