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Prepariamoci al ‘Long Covid’ delle fantasie di complotto

Quella dei complottisti è una minoranza, tuttavia il seguito è ampio: quali le conseguenze di una diffusa sfiducia nella scienza e nella politica?

26 novembre 2021
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Sono finito in una chat di complottisti. Una chat pubblica, frequentata da poche centinaia di persone, alcune delle quali lì per curiosità o per scherno: evitiamo di ingigantire fenomeni che sono e restano minoritari, sia nella società in generale sia tra chi non condivide alcune o molte decisioni nella gestione della pandemia.

Non parliamo di persone perplesse dall’efficacia di alcune misure o preoccupate dalle conseguenze sociali, politiche ed economiche delle restrizioni o ancora non convinte della completa indipendenza dalla politica e dalle case farmaceutiche della comunità medica e scientifica. Parliamo di persone convinte che il coronavirus sia un’invenzione dei poteri forti per controllare le persone, come del resto già prima l’Aids sarebbe stato inventato per convincere le persone a usare il preservativo perché si facevano troppi figli. Si è discusso anche del ‘gender’ con cui si vuol fare il lavaggio del cervello ai giovani per “omosessualizzarli”, e degli insetti che “vogliono farceli mangiare a tutti i costi perché presto dichiareranno fuorilegge la carne”, grazie anche ai media che ubbidiscono tutti agli ordini di non ho capito bene chi.

Una minoranza, dicevamo, quelli che sostengono queste fantasie di complotto, come il collettivo Wu Ming ha proposto di chiamarle per distinguerle dalle invece sensate ipotesi di complotto. Perché rifiutare storie prive di fondamento e di buon senso non significa dare cieca fiducia a governanti, giornalisti, scienziati eccetera: i complotti esistono davvero, così come errori, conflitti di interesse, incompetenza. Una minoranza, eppure io quella chat non l’ho cercata per documentare quanto siano lunatici gli anti-vaccinisti o per prenderli in giro: ci sono finito perché invitato da un conoscente. E all’interno di quella chat ho trovato altre persone conosciute, frequentazioni online e dal vivo. Persone simpatiche, ragionevoli, che certo non credono alle assurdità di una rete globale di pedofili che vogliono dominare il mondo – uno dei capisaldi del movimento QAnon – ma che al contempo non credono alla “versione ufficiale”. Peraltro a ragione, visto che in quella “versione ufficiale” rientrano anche errori, cattiva comunicazione, incomprensioni e sensazionalismi mediatici. Come è possibile che queste persone, che conosco e con cui spesso ho avuto discussioni anche accese ma sempre costruttive, si trovino lì ad ascoltare queste fantasie di complotto? I motivi possono essere diversi, dal fatto che quelle fantasie danno comunque un senso a quel che accade al fatto che spesso tendiamo a bollare come complottismi anche osservazioni e critiche sensate (è, in estrema e insoddisfacente sintesi, la tesi di Wu Ming 1 nel libro ‘La Q di qomplotto’ recentemente presentato a Mendrisio).

C’è tuttavia un altro interrogativo, forse più urgente vista la situazione in cui ormai ci troviamo: quanto profonda e duratura è la spaccatura che si è formata? Il problema non è tanto se e quando tornerò ad avere quelle “discussioni accese ma costruttive” con i conoscenti finiti in quella chat, ma le conseguenze a lungo termine di una totale – e diffusa, perché non riguarda solo pochi complottisti – mancanza di fiducia verso istituzioni scientifiche, sanitarie e politiche, che certo non può essere compensata da una altrettanto sconsiderata cieca fiducia nelle autorità. La pandemia finirà, ma questo “Long Covid sociale” rischia di rimanere a lungo.

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