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Una responsabilità ricoperta col cemento

Durante il processo Bataclan è emerso che il gruppo Lafarge, oggi associato alla svizzera Holcim, contribuiva a finanziare il terrorismo islamico

Holcim e Lafarge sono oggi il colosso mondiale del cemento (Keystone)
15 settembre 2021
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Mentre a Parigi è in corso il processo a Salah Abdeslam, unico imputato per la strage al Bataclan, fa un certo effetto venire a sapere che Lafarge, fino a poco tempo fa uno dei principali gruppi cementieri mondiali, avrebbe contribuito a finanziare il terrorismo islamico. Naturalmente per soldi, per non lasciarsi sfuggire degli affari, sicuramente non per convinzione ideologica. Fatto sta che il gruppo, successivamente gemellatosi con la svizzera Holcim, stando all’atto d’accusa della Corte di Cassazione transalpina si sarebbe reso complice di crimini contro l’umanità in Siria. Una vicenda sviluppatasi tra il 2012 e il 2015, nel nord del Paese, nei pressi della città di Raqqa, in una zona controllata dagli uomini dell’Isis e da altri gruppi terroristici. Lì il colosso cementiero francese possedeva uno stabilimento e per evitare di chiuderlo, per consentire alla sua merce di transitare nelle terre controllate dall’Isis, avrebbe versato una tangente di 20mila dollari al mese all’Esercito dello Stato Islamico. Dal quale avrebbe acquistato pure petrolio.

Ora, se questa storia che getta discredito sull’onorabilità dell’imprenditoria europea è uscita, lo si deve a due Ong e a undici dipendenti di Lafarge, che da tempo accusano il gruppo di complicità con i tagliagole che seminavano il terrore in quella parte della Siria e insanguinavano, con i loro attentati, molte città. Anche se i vertici della multinazionale francese si sono difesi tentando di accreditare la tesi secondo cui il cementificio ostaggio dell’Isis era rimasto l’unica opportunità di lavoro per gli abitanti di quella zona della Siria, al confine con la Turchia.

Nel 2015 Lafarge, come si è detto, si è fusa con la svizzera Holcim e la sede del gruppo è stata trasferita a Zugo. Tuttavia ci si può anche domandare se il colosso elvetico non sapesse degli ingombranti scheletri nell’armadio del neosocio al momento di stipulare l’accordo che ha unito le due aziende, rendendole il leader mondiale nella produzione di cemento. Proprio di recente il nome Lafarge è, guarda caso, scomparso dal logo del gruppo ed è rimasto solo quello di Holcim. Che ha definitivamente acquisito la consorella francese. La motivazione addotta è stata quella di “rinfrescare e semplificare il nome della società”. Che impiega 130mila dipendenti e che ha già avuto i suoi fastidi di immagine all’esordio della presidenza Trump, quando si precipitò a offrire il proprio know how per la realizzazione del muro al confine con il Messico.

Sarà un caso, ma l’annuncio della cancellazione del nome Lafarge è giunto poco prima della decisione della Corte di Cassazione di Parigi di mettere sotto accusa l’ex-socio di Holcim per complicità in crimini contro l’umanità. Un segnale davvero forte in termini di responsabilità delle imprese, che sicuramente getterà in ambasce altre multinazionali che in passato hanno flirtato con partner impresentabili, alla ricerca del profitto a tutti i costi. Poi, anche senza quell’ingombrante partner, non è che Holcim si sia sempre ritrovata sdraiata su un letto di rose, visto che a controllarla è stata, per generazioni, la famiglia Schmidheiny, con Eternit associata per anni alle vittime dell’amianto.

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