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Barcolla, non molla, il pugile bianconero

Il Lugano sogna ancora l'Europa ma sembra essere arrivato a questo finale di stagione con le batterie scariche, per buona pace del 'Prés' Angelo Renzetti

11 maggio 2021
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Un pugile che barcolla. Stanco, stremato da un match infinito, durante il quale le ha soprattutto suonate all’avversario, ma per farlo ha dovuto tenere per quasi tutti i round la tensione e la concentrazione al massimo, forse ben al di là dei propri limiti tecnici e mentali. E ora oltre alle energie fisiche, sono anche quelle nella testa a mancare. Lui però non vuole mollare, sarebbe un peccato dopo tutti gli sforzi compiuti per arrivare fin lì, così a ogni ripresa torna sul ring con la volontà di provarci. Tale velleità si scontra con la realtà al primo pugno dell’avversario, che lo manda al tappeto e gli toglie praticamente ogni capacità di reazione, ma lui viene nuovamente trascinato verso l’alto da un orgoglio che gli sussurra di rialzarsi e di provare ad assestare a sua volta quel colpo decisivo che da qualche parte dentro di sé (forse) ha ancora e che potrebbe fare la differenza, perché in fondo a quell’avversario ancora così vicino, non è mai stato davvero inferiore. Anzi.

Ora, al posto del pugile mettete l’Fc Lugano, del ring un campo da calcio, dell’incontro di boxe la Super League e dei round le sue 36 giornate. Quando il suono dell’ultima campana è ormai vicino – mancano tre partite al termine del campionato – Sabbatini e compagni stanno attraversando a livello di risultati il momento più difficile di una stagione che li ha visti viaggiare a lungo al massimo delle proprie potenzialità, se non oltre. A livello di risultati, sì, perché se è vero che mai in questa annata i sottocenerini avevano perso tre partite consecutive (5 sconfitte negli ultimi 6 impegni, Coppa compresa), in realtà il vero momento delicato della stagione bianconera è stato tra dicembre e febbraio, quando in quattordici match era arrivata una sola vittoria (5 i ko e 8 i pareggi). Lì infatti in gioco c’era ancora una salvezza ora invece praticamente acquisita e il cui valore non si può nemmeno lontanamente paragonare a un secondo turno preliminare della terza competizione per club europea, ossia dove si ritroveranno il secondo e il terzo della Super League.

Ecco perché in fondo ai “pugili” bianconeri si può concedere il calo fisico e mentale arrivato come un montante ben assestato nel finale di un’altra intensa annata, la seconda di fila appesantita dal Covid. Più che le sconfitte in sé, il modo in cui sono maturate parla piuttosto chiaro: i giocatori bianconeri hanno finito la benzina. Un peccato certo, ma era quasi inevitabile e anche il presidente Renzetti dovrebbe accettarlo invece di scaricare sull’allenatore la frustrazione di veder rovinato sul più bello quello che avrebbe potuto essere un capolavoro, ma che resterà comunque un'opera degna di nota. Forse a sua volta provato dalla lunga stagione e dalla “solita” possibile cessione societaria, il numero uno del club ha criticato l’assenza di gioco della squadra, dimenticandosi che senza il pragmatismo e l’identità precisa con cui Jacobacci ha forgiato un gruppo valido ma che rimane pur sempre figlio di uno dei budget più ristretti della Super League (palese ad esempio la mancanza di un vero bomber), probabilmente ora al posto di Sion o Vaduz a lottare per la sopravvivenza ci sarebbe il suo Lugano.

Eppure lui, il Près, sarebbe il primo a dover capire, in fondo il ruolo del pugile che messo alle corde barcolla ma non molla, lo sta ricoprendo ormai da oltre dieci anni.

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