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I furbetti del vagoncino e la società de li perditempo

In quanto tempo si mangia un panino sul treno? I no-mask, è noto, ci mettono tutto il viaggio. Ma l'Ufficio federale dei trasporti ha la soluzione. Anzi no.

'È permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto' (Keystone)
27 gennaio 2021
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“Consumare il pasto piano piano, masticando lentamente. L’organismo inizia a mandarci messaggi di sazietà dopo circa 20 minuti. Da questo punto in avanti, la fame sarà sempre minore e se consumerete uno dei tre pasti principali in almeno 30-35 minuti, non mangerete troppo e vi sentirete sazi”. Non sono le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità ma quelle dell’Ente Nutrizionale Grana Padano. Digitando “Quanto tempo serve per mangiare un panino?” esce questa entità digital-casearia che non risponde esattamente alla domanda, ma riassume un concetto di base molto più dettagliatamente di quanto si ottenga dal chiedere “Quanto tempo deve passare prima di fare il bagno?”, risposta sulla quale, tra le mamme sotto l’ombrellone, regna tutt’oggi una certa disinformazione. 

Da quando è arrivato il virus, qualcuno deve avere preso alla lettera le indicazioni dell’Ente Nutrizionale Grana Padano (che sono le indicazioni dei nutrizionisti in genere) per applicarle pari pari anche ai viaggi in treno. A inizio novembre 2020, il portale d’informazione watson.ch denunciava i furbetti del vagoncino, nome di fantasia sotto il quale vanno tutti coloro che sfruttano alla lettera (al minuto) l’ordinanza federale in vigore per limitare la diffusione del coronavirus. Che in poche parole dice: “È permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”. A novembre, Karin Blätter, presidente del gruppo d’interesse del trasporto pubblico Pro Bahn, dichiarava: “Purtroppo ci sono persone che mangiano in modo provocatorio durante tutto il viaggio”. Come fare? “Un divieto di mangiare e bere – secondo la presidente – non sarebbe una soluzione, perché infastidirebbe i passeggeri che seguono le regole”. Sì, ma la soluzione? “Seguire le regole dell’Ufficio federale della sanità pubblica, indossare le mascherine. Così avremo meno problemi”. Visto che di mangiare si parla: una risposta da gatto che si mangia la coda. Anzi, una risposta stupida.

Sempre a novembre, il più coerente Jürg Hurni del sindacato del personale dei trasporti si lagnava con ragione del rischio che porta con sé la contestazione del panino: vai tu a dire a un bulimico depresso di smettere di mangiare; vai tu da un ultrà con la faccia tatuata e il languorino del mezzogiorno a dirgli “Mi scusi, ultrà: è permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”. Sorvolando su quale potrebbe essere la reazione dell’ultrà, il problema è proprio questo: qual è il tempo del pasto? C’è chi il panino lo mangia fregandosene dei consigli dell’Ente Nutrizionale Grana Padano e chi invece dell’Ente Nutrizionale Grana Padano è azionista e non sgarra di un secondo; c’è l’assennato che ha capito che meno ci mette e meno rischiamo e c’è il dissennato che si sente privato della libertà personale di mangiare un panino (dopo il diritto di parola e il rapporto sessuale consenziente, la libertà cui evidentemente tiene di più) e rivendica il sacrosanto diritto di mangiare il suddetto panino come gli pare. Di mangiarlo, per assurdo, anche così: prima il prosciutto, da solo; poi il tonno, da solo; poi i pomodori, da soli; poi la salsa cocktail, separata dagli altri ingredienti, ma sempre da sola; poi, alla fine, masticando con calma, il pane. Da solo. In nome della libertà di mangiare un panino, il dissennato – fosse possibile separarli – inghiottirebbe uno alla volta anche l’acido ascorbico, l’addensante, la gomma di guar, il sale da cucina iodato, il lievito, i semi di girasole, il tritello di soia e il 7% di nocciole (fonte: Migros, ‘Panino gourmet’).

Sono trascorsi due mesi da quando il problema è sorto. Due mesi di malumori e preoccupazioni dei pendolari il cui fastidio non è solo quello di chi ti mangia in faccia mostrandoti in diretta l’iter del panino dall’addentamento alla costruzione del bolo fino al passaggio nell’esofago, ma anche il fastidio che viene da una mera questione di sicurezza personale. Ieri, sul problema dei furbetti del vagoncino, col tempismo pandemico che ha sempre caratterizzato le decisioni federali, è giunta la rassicurazione dell’Ufficio federale dei trasporti “in contatto con le Ffs, ma anche con AutoPostale per trovare soluzioni”. E dopo due mesi in cui il virus ha superato i livelli di aprile 2020, in pieno nuovo (più o meno, più più che meno) lockdown, la risposta è: “Una soluzione in discussione è quella di appendere locandine informative”. Presumibilmente riportanti la scritta: “È permesso togliere la mascherina per mangiare e bere, ma solo per il tempo del pasto”.

In verità, rileggendo meglio lo statement della signora Blätter, la dichiarazione presa integralmente recitava: “Purtroppo ci sono persone che mangiano in modo provocatorio durante tutto il viaggio. Ma non è un problema del trasporto pubblico, ma di società”. A Roma, in un celebre stornello, i furbetti del vagoncino (anche per questioni di panino) sarebbero quelli de “la società de li magnaccioni”, da intendersi nella sua accezione decadente, la società di chi, delle regole, non gliene può fregare di meno. E poi c'è la società de li perditempo, perché nell’immobilismo dell’Ufficio federale dei trasporti “in contatto con le Ffs, ma anche con AutoPostale per trovare soluzioni”, nel tempo in cui una decisione arriverà, se mai arriverà, saremo tutti vaccinati e sui treni potremo anche farci la chinoise, esperienza così lentamente, infinitamente, splendidamente zen.

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