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La piccola Greta e il pulmino solo per residenti

Brutto esempio di ingiustizie e diseguaglianze anche fra gli ultimi

21 novembre 2020
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Mi ha colpito la storia della piccola Greta, raccontata nelle cronache del Corriere della Sera, casualmente un paio di giorni prima della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia caduta ieri.

Greta vive ed è nata a Collegno in un campo nomadi alle porte di Torino. Ha quattro anni, ogni mattina si alza per recarsi all’asilo. Per raggiungerlo deve camminare ai bordi di una strada trafficata, senza marciapiede e lungo la quale non mancano fango e sporcizia. Non fa il lungo tragitto da sola, c’è il padre che la accompagna e che ha il torto di vivere in un campo rom senza documenti.

Torto di padre in figlia

E così, quel torto, è divenuto anche un torto per la bambina. Senza documenti la famiglia non può avviare le pratiche per ottenere la residenza. Così, anche se all’ingresso del campo ogni mattina c’è un pulmino di una cooperativa sociale che attende i ragazzi che si recano a scuola, Greta – siccome non ha i documenti che ne attestano la sua residenza – non può salirvi. Un pulmino che anche lei prima che il Comune mettesse regole più severe poteva prendere, ora lo vede partire tutte le mattine con altri ragazzi. Lei invece resta giù. Pazienza, poi si mette in cammino con papà per oltre cinquanta minuti verso l’asilo.

Ingiustizie anche fra gli ultimi

Un brutto esempio di ingiustizie e diseguaglianze anche fra gli ultimi, che vivono a due passi da noi. È mai possibile che qualcuno possa pensare di sancire una simile discriminazione fra bambini le cui famiglie riescono, o non riescono, a provare con un documento la loro residenza in un campo nomadi?

Per fortuna è forte il desiderio di Greta di andare ogni giorno all’asilo. Speriamo tenga duro. Forse la bellezza della scuola di prima infanzia le farà dimenticare o superare lo sgarbo di non poter salire sullo scuolabus.

Speriamo, ora che la sua storia è stata resa pubblica, che qualcuno si attivi a suo favore, permettendole di salire su quel bus anche senza documento. E speriamo anche che un domani possa avere la stessa forza per continuare a studiare e a formarsi e poter raggiungere una propria autonomia, riuscendo a emanciparsi come persona e soprattutto come donna. Le chiamano pari opportunità. Sono fondamentali.

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