Commento

Senza metà

21 novembre 2016
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Quella dei Verdi è stata l’assemblea di un partito che per metà non c’è più. L’assemblea di un movimento oramai fermo, zavorrato da lotte interne e lacerato da una resa dei conti che si protrae da anni. Una resa dei conti che sabato mattina ha toccato il suo apice, occupando di fatto tutte e quattro le ore di un’assemblea ricca di tensione, ma povera di contenuti. E ciò malgrado l’appuntamento si sia tenuto a una settimana dal voto sull’iniziativa per l’abbandono del nucleare: segno che ora come ora in casa ecologista le persone sembrano contare più che le idee. Idee movimentiste e slegate dalle logiche di partito che, complice il disastro di Fukushima, nel 2011 facevano invece dei Verdi ‘il nuovo che avanza’ sul fronte progressista. La conquista di sette seggi in Gran Consiglio e la contemporanea crisi del Ps rendevano una missione non impossibile, per il partito a quei tempi guidato con successo da Sergio Savoia, entrare in Consiglio di Stato da lì a quattro anni. Ma per il grande salto non bastava l’aver abbandonato l’immagine ‘birkenstock e tofu’: era necessario, e i vertici ecologisti lo sapevano, ampliare il proprio raggio d’azione. Da qui iniziative come quella sui salari minimi, poi accettata dal popolo, campagne acquisti tra gli scontenti degli altri partiti e riflessioni su come trasformarsi in Verdi 2.0, magari prendendo spunto dal Movimento 5 stelle che in Italia rappresentava la vera alternativa ai partiti di governo. E soprattutto l’impegno nella campagna a favore dell’iniziativa ‘Contro l’immigrazione di massa’, con i Verdi e in special modo Savoia più democentristi dell’Udc nel difendere la tesi dei contingenti e della barca che è piena. Uno smarcamento a destra condito da ammiccamenti alla Lega che non è piaciuto a molti tra le file dei Verdi. Tanto che nel 2014 il movimento si presentava oramai spaccato in due: ‘solo’ 47 membri dell’assemblea su 82 si erano detti disponibili a continuare con Savoia sulla strada del rinnovamento. Una spaccatura che non si è mai rimarginata per davvero, anche perché a gettar sale sulla ferita ci hanno pensato la débâcle alle Nazionali dell’anno scorso e la nascita dell’associazione cultural-politica ‘Noi’, associazione creata da Savoia e da Franco Denti e nella quale sono confluiti tre membri su sei del gruppo parlamentare. Una spaccatura che non si è mai rimarginata per davvero, anche se un anno fa Michela Delcò Petralli, nel prendere le redini del movimento, aveva auspicato un cambio “dell’atteggiamento e del linguaggio utilizzato” e la fine “degli attacchi personali” tra gli ecologisti. Missione fallita. E i Verdi che volevano essere un Movimento cinque stelle in ascesa si ritrovano così a essere un movimento a cinque teste in declino e con un gruppo parlamentare indipendente e in buona parte impegnato a rincorrere i ‘primanostristi’. Un movimento a cui rimangono dunque le idee, le battaglie di sempre, compresa quella contro il nucleare che pareva vinta, ma al quale rischiano di mancare i numeri: sabato il nuovo co-coordinamento è stato eletto da un’assemblea nella quale si contavano solo 47 aventi diritto di voto e tante, troppe, sedie vuote. Numeri di un partito che per metà non c’è più.

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