Commento

Merkel e Tsipras ostaggi del ruolo

2 luglio 2015
|

È un po’ banale ridurre la questione greca alla dimensione individuale, ma di sicuro le personalità trovatesi a confronto nel corso di questi mesi drammatici hanno avuto un ruolo importante negli esiti che sembrano profilarsi. Angela Merkel e Alexis Tsipras hanno espresso due concezioni e due modalità politiche apparentemente opposte. L’una e l’altro coscienti, probabilmente, del tasso di irrazionalità ideologica presente nelle rispettive posizioni, ma entrambi prigionieri di esse. Angela Merkel agisce da una posizione di forza indiscutibile: se decide che il confronto con Atene non riprenderà sino alla celebrazione del referendum, avverrà così. E la consultazione popolare sull’accordo con le istituzioni finanziarie, che venne “negata” all’allora capo di governo greco George Papandreu nel 2011, viene oggi colta come un’occasione per inchiodare Tsipras ad una responsabilità più grande di lui. La volontà di costringere il capo del governo greco ad un’ordalia che potrebbe essergli fatale (ed essere di monito alle formazioni che altrove in Europa a Syriza si richiamano) è trasparente. Ma proprio perché sproporzionata, la forza di Merkel potrebbe trasformarsi nella sua nemesi storica: alla figlioccia politica del cancelliere che unificò la Germania (Kohl) potrebbe toccare di venire ricordata come la cancelliera che smembrò l’Europa. Un eventuale fallimento greco minerebbe il sistema euro alle fondamenta, un’uscita della Grecia dalla moneta unica ne smentirebbe la dichiarata irreversibilità. Se fallisce l’euro fallisce l’Europa, ha detto la cancelliera tre giorni fa. E probabilmente parlava di sé. Alexis Tsipras sembra a sua volta soverchiato da un ruolo che le sue spalle non possono più reggere. Eletto sulla base di un programma di rifiuto dell’austerità imposta dal capitale internazionale, deve aver presto compreso che i rapporti di forza non si misurano in slogan e purtroppo neppure sulle ragioni, per sacrosante che siano, di cui si è interpreti. È difficile pensare che sfrontatezza e dabbenaggine del tandem costituito insieme al ministro delle Finanze Varoufakis non abbiano avuto una parte nella piega presa dal negoziato. E per presto che lo abbia compreso Tsipras, era ormai tardi. Quando si preparava a una resa onorevole, la sua debolezza lo ha tradito. La convocazione del referendum è un atto di democrazia incontestabile; ma il “rilancio” con una nuova offerta ha rivelato la vulnerabilità della sua posizione. La sua campagna per il no è l’azzardo della sua vita (politica). Dovesse prevalere il sì alle condizioni di Bruxelles, la sconfessione popolare non potrebbe che tradursi nelle sue dimissioni. Dovesse prevalere il no, Tsipras dovrebbe convincere i greci che le banche chiuse sono un fenomeno meteorologico, e sperare che nessuno degli emigrati greci in Argentina racconti come andò laggiù qualche anno fa… Ma proprio come Angela Merkel, Alexis Tsipras non dispone più ormai di sé. Vuoi per il ruolo che interpretano, vuoi per la dimensione assunta dalle loro decisioni. Su di loro, con semplificazioni fuorvianti, si raccolgono le opinioni da cui potrebbero dipendere le sorti dell’Unione europea come l’abbiamo conosciuta sin qui. Come se il precipitare del confronto abbia costretto i termini della questione a una partita tra gli zelanti burocrati del dogma finanziario e i guastatori dell’esercito antisistema, annullando gli spazi per un confronto sulla rifondazione democratica di cui l’Europa ha vitale bisogno. I greci che da anni mangiano alle mense di carità ne sono i perdenti involontari.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔