In vista del voto

Economia e Ticino: crescita ed erosione

13 settembre 2019
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È dimostrato: ogni apertura dalla nostra Confederazione verso l’Unione Europea ha portato a seri disagi per il nostro Cantone.

Già questo sarebbe sufficiente per capire che la direzione è sbagliata.
Oggi, infatti, in Ticino, grazie alle politiche federali di spalancamento delle frontiere, bilaterali e libera circolazione, abbiamo 66mila frontalieri in aumento, dumping salariale, giovani senza lavoro, padri di famiglia che vengono soppiantati da frontalieri e tanti altri problemi.

Mentre questo avviene, però, la nostra economia cantonale cresce. Il Pil cantonale del 2016 era di 29.5 miliardi, abbiamo 233mila impieghi, le esportazioni sono buone, l’indotto pure.

Ma c’è un ma. Questa crescita è sempre più saldamente fondata sull’impiego di lavoratori esteri sottopagati, cioè i frontalieri.
Una crescita che è crescita ma che avviene anche erodendo il mercato del lavoro.

Una crescita che annualmente fa aumentare il numero di frontalieri, lavoratori che riescono ad essere favoriti offrendosi a salari più bassi e che, fra le altre cose, consumano lo stipendio (ricevuto in Ticino), in Italia. È quindi evidente quanto non si possa continuare in eterno con questo trend, perché qualora lo facessimo - senza intervenire - tra quindici anni ci troveremmo ad avere non più 66mila frontalieri ma forse 80mila, salari sempre più bassi, sempre più settori dove si assumono solo frontalieri e sempre più giovani disoccupati. Purtroppo però, ogni intervento fatto per evitare questa situazione, anche se votato dal Popolo, non è mai stato applicato. Non per colpa della Lega o dell’Udc (che secondo alcuni non avrebbero fatto nulla), ma perché manca una volontà politica unanime nel ridurre il numero di frontalieri e nel fermare questo trend. Il Popolo ha votato il 9 di febbraio, un'iniziativa che avrebbe permesso al Ticino di contingentare i frontalieri, così da bloccare il loro costante afflusso ed il loro trend sostitutivo. Ma, la maggioranza della Berna federale, per evitare di impattare contro i bilaterali, si è rifiutata di applicarlo concretamente. Tanto che, per un’applicazione concreta, dovremo ancora tornare alle urne per votare la rescissione dei medesimi accordi.

Il Popolo ticinese ha poi votato Prima i Nostri, così da garantire una preferenza indigena e bloccare la possibilità dei frontalieri di venire favoriti offrendosi a meno... ma anche qui la maggioranza non ha voluto applicare il volere popolare: perché andava contro ai predetti accordi.
Ma, di questo passo, senza intervenire, lo ripeto, fra quindici anni ci troveremo ad avere sì un’economia ulteriormente cresciuta, ma erodendo ulteriormente il nostro mercato lavorativo cantonale, con frontalieri che saranno molti di più, salari mediani indicizzati (all’indice dei prezzi al consumo) ancora più bassi e strascichi non da poco sul mercato. Quindi, che sia tramite il salario minimo o che sia tramite qualsiasi altra misura, ci si muova a bloccare questo trend, perché il nostro Cantone merita una crescita che arricchisca il mercato lavorativo e non che ne eroda le condizioni.

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