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Spegnere le luci di Natale?

Spegnere le luci dell’Avvento? Dipende quali luci. Se significa spegnere lo spreco consumistico importato dagli Usa dopo il 1945, illuminazioni di monumenti, chiese, negozi, in Belgio addirittura le autostrade notte e giorno, le varie Locarnolliday-on-ice e tutto l’inquinamento luminoso inutile e dannoso, ben venga!

La notte buia e silenziosa dalle 23 alle 6 è un bene comune. I datori di lavoro devono adattare gli orari per permettere ai dipendenti di usufruire d’illuminazione e trasporti pubblici. Tuttavia non può in nessuna maniera essere un ennesimo attacco alle nostre tradizioni. Anzi deve rendere il suo spazio al nostro solstizio che segna il ritorno, appunto, della luce. La luce di Natale non è un faro da stadio di football, ben al contrario, è la brace che veglia sotto la cenere e lentamente riprenderà vita. Vita come il neonato nella mangiatoia, Gesù, luce del mondo, sol invictus. L’Avvento cammina lentamente, candela dopo candela verso quel momento magico in cui la discesa nel buio inverte la marcia per risalire verso la luce. Il pino rimasto verde è addobbato, ghirlande di verde naturale rimpiazzano quelle artificiali, il tronchetto va nel camino ma anche sul piatto, i baci sono scambiati sotto il vischio e in piazza torna il mercatino ma anche il presepe.

Non è solo questione di fede: le nostre tradizioni (pre) cristiane sono la base della nostra straordinaria civiltà europea senza bisogno di americanate, né made in Cina. Natale è tanto più intenso se è modesto: basta una candela. Quest’anno non ci sarà l’oratorio di Bach o Saint-Saëns, né il Thomanerchor di Leipzig, né il King’s College? È l’occasione di ricordare quei bei canti che cantavamo ai bei tempi… Fare buon viso a cattiva sorte è natalizio: sotto il moggio, arde la nostra volontà, la nostra profonda coscienza occidentale.

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