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La settimana bianca e il vocabolario Covid

Stimati giornalisti, stimate giornaliste, comprendo l’attuale necessità di riempire i vostri testi di un vocabolario pandemico. Funziona, è richiesto, è ovunque e viene letto. Perché non cadere nella tentazione quotidiana di scrivere un altro articolo sul Covid? I “click” son lì da vedere e sono sempre tanti. Figuriamoci poi se uno di questi articoli riguarda la cartella clinica di una scolaresca in gita invernale, come non carpire l’occasione? Famiglie, genitori, nonni, autisti di torpedone, docenti, direttori, sciatori della domenica, tutti interessati a capire meglio com’è andata questa intricata vicenda. E perché poi non dare spazio a un’altra polemica, insinuando un mal funzionamento da parte di chi si è permesso di organizzare una settimana bianca?

L’intervista alla mamma arrabbiata mi è piaciuta, bella mossa. Resta il fatto che dietro all’organizzazione di una settimana bianca esistono delle menti pensanti che non per forza devono venir banalizzate o screditate. Delle menti che vivono la Scuola Media “sul campo”, tutti i giorni da tanti anni e che hanno reputato opportuna, per i ragazzi, una settimana bianca. L’hanno proposta e l’hanno realizzata. Adesso dei ragazzi hanno preso il virus e la settimana bianca sembra esser diventata il peccato dei peccatori, quando in realtà altro non era che un ponderato atto di resistenza educativa. Vorrei ringraziarvi per l’interesse dimostrato verso un avvenimento relativo al mondo della Scuola Media. Personalmente mi aspetto in futuro la stessa solerzia nelle vostre cronache, quando nelle Scuole Medie capiteranno anche altre cose, forse più interessanti, forse più importanti. Ne capitano di continuo. La Scuola Media ha bisogno anche del vostro sostegno.

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