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Il giorno della ‘liberazione’

Lo spettacolare colpo inferto da Donald Trump all’ordine economico e finanziario mondiale, il 2 aprile 2025, denominandolo ‘giorno della liberazione’ (mentre quasi tutti gli economisti lo considerano giorno della follia, anzi della stupidità pericolosa), ha nuovamente sconvolto il mondo, soprattutto i Paesi più poveri. Comprensibilmente, perché detto ordine trae le origini dalla teoria della divisione del lavoro del primo economista, Adam Smith (1723-1790), tuttora attuale, ed è stato concretizzato, a partire dal 1945, con il contributo determinante degli Stati Uniti. I quali ne hanno beneficiato, in parte anche abusato, suscitando il rimprovero di imperialisti, non sempre a torto, specie nell’economia e nella finanza. Comunque, detto ordine, benché perfettibile per quanto concerne la ripartizione e la socialità, ha generato un grande progresso dell’umanità in tutti i campi e una notevole collaborazione internazionale. Viceversa, secondo Trump, il suo Paese è stato pestato, saccheggiato, violato e devastato dalle nazioni vicine e lontane, dagli alleati così come dai nemici. Ora però la mondializzazione è finita ed è giunta l’ora dell’indipendenza economica e finanziaria, grazie a salutari dazi, quindi la rinascita, all’insegna dell’America first, che in realtà è America only. A conferma dei suoi intendimenti, gli scorsi giorni, Trump ha dato uno spettacolo tragicomico galvanizzando una numerosa platea di accoliti, commentando la tabella degli assurdi dazi applicati a ogni singola nazione senza distinzione tra ricche e povere.

Tutto ciò non meraviglia se si pensa all’immenso prestigio che gode qualunque presidente degli Stati Uniti, al punto da avere addirittura the divine right to govern wrong (il diritto divino di governare male), tanto è vero che Trump, in questo campo, ha un precursore: il presidente William McKinley (1843-1901), il cui programma era basato sul rigido protezionismo dei dazi alti, miranti anche a costringere il Canada a diventare il 51esimo Stato degli Stati Uniti, come Trump. Con quale risultato? Circa un anno dopo i prezzi erano alle stelle, la disoccupazione e la povertà imperavano e tutte le borse ovunque crollavano.

Però, a differenza di Trump, McKinley non era un avanzo di galera, ma un uomo perfetto, persino troppo perfetto: onesto, scrupoloso, benevole e indulgente (v. André Maurois, Storia degli Stati Uniti, pag.181), che disinteressatamente credeva nella bontà del suo metodo. Galantuomo, di fronte alle disastrose conseguenze, paragonabili a quelle della crisi del 1929, si è ravveduto e, pubblicamente, ammetteva di aver sbagliato. Lo attestano alcuni brani del discorso tenuto il 4 settembre 1901 all'esposizione panamericana di Buffalo: “L’espansione del nostro commercio e delle nostre industrie è una questione urgente. Le guerre commerciali sono sterili. Una politica di buona volontà e di relazioni commerciali amichevole impedirà le rappresaglie. I trattati di reciprocità sono in armonia con lo spirito del nostro tempo; le misure di rappresaglia non lo sono”. Però, il giorno dopo, McKinley ancora a Buffalo venne assassinato.

Trump applica, alla lettera, il metodo del suo predecessore, benché metodo clamorosamente fallito, e ignora totalmente il suo estremo prezioso testamento. Fino a quando, perché fatalmente arriverà il dies irae, anzi Trump avrà già avvertito qualche avvisaglia, poiché si è concesso 90 giorni di riflessione… In bene, se sarà ancora a tempo, considerati gli sconti concessi a chi va a baciargli il…, per usare il suo commento scurrile (oh Talleyrand, oh Metternich, artefici della pace delle paci, Vienna 1815), perdendo quel poco di rispettabilità e credibilità che gli restava, ma è probabile che sia ammalato di mente, come già si sospetta.

E che dire dell’Europa nell’attuale delicato contesto geopolitico? Oltre al riarmo deve stimolare il suo mercato unico, il quale, come massa, equivale a quello americano. Compito immane, considerato che l’Unione Europea è composta da 27 Stati sovrani, di cui due putiniani, ma compito attuabile, come lo hanno dimostrato i suoi interventi, nel 2007-2008, con il piano di ripresa economica e, nel 2020, con il prestito di 700 miliardi per far fronte alla pandemia. Di conseguenza solo chi manca di determinazione e di coraggio, oppure chi dimentica gli ideali dell’Europa o, peggio ancora, a chi fa gola il prestito in discussione di 800 miliardi, è contrario alla mobilitazione generale. Nel frattempo, i politici demagoghi trionfano.