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Rustici da tutelare a suon di ordini di demolizione?

Di questi tempi dovrebbe essere rincuorante leggere la stampa ticinese, ricca di titoli a favore della salvaguardia dei nostri rustici. Buone intenzioni in gran quantità!

Il titolo più clamoroso (Cdt 3.2.23) è quello che riporta una missiva del Consiglio di Stato al Datec, con la quale si invoca la disponibilità del nuovo capo Dipartimento, onorevole Albert Rösti, per finalmente giungere a una soluzione saggia e condivisa del problema edifici rurali fuori zona del Ticino. C’è da sperare che non sia l’ennesima mossa pre-elettorale in quanto, a partire dalle elezioni cantonali e federali del 2011, la sanatoria per i rustici, che non ha nulla a che vedere con la prevista prescrizione di 30 anni, diventa un tema molto gettonato in campagna elettorale, però e purtroppo, senza un avvenire. Decisamente clamoroso è il cambio di paradigma del Consigliere di Stato avv. Claudio Zali, che firma la citata missiva a Berna. Difficile però salutare la notizia con salti di gioia, semplicemente perché dal Dipartimento del territorio, con in calce la medesima firma, continuano a uscire assurdi ordini di demolizione o di ripristino e alcuni proprietari affranti si sono rivolti alla sottoscritta.

La richiesta del Consiglio di Stato a Berna poggia anche su una recente mozione al Consiglio di Stato del deputato Aron Piezzi, già sindaco di Maggia, e cofirmatari, che postula la sanatoria e la modifica dell’art. 24 della Legge federale sulla protezione del territorio del 1980. La sanatoria generale e la modifica della legge, invocate tuttora, andavano introdotte al momento dell’approvazione del PucPeip nel 2012, per poter partire finalmente con il piede giusto e miglior credibilità. Ciò era stato invocato dall’Associazione cascine e stalle, con il supporto di cinquemila firme, il tutto bellamente ignorato. Presso il Consiglio di Stato pende anche la petizione del 26.1.2021, sottoscritta da oltre quaranta deputati (primo firmatario Aron Piezzi), con cui si chiede di intervenire contro l’intransigenza di Berna. Quale intransigenza di Berna, se il Gran Consiglio vara una legge capestro, il vituperato PucPeip del 2012, che sancisce la rimozione degli interventi abusivi, piano giunto con 32 anni di ritardo, quando i buoi erano finiti arrosto da un pezzo?

È bene precisare (ecco il mio mantra) che la maggior parte degli abusi (in gran numero non rilevati) sono stati realizzati con il tacito consenso di tutte le autorità cantonali, eccetto quelle ecclesiastiche, perché era giusto lasciar fare in quanto il Ticino, a partire dal 1980, non è stato capace di far capire a Berna l’importanza del suo ricco patrimonio fuori zona.

Meglio lasciar perdere i ritornelli e passare ai fatti. In questo inizio anno: divieto d’uso di una bella cascina con tetto in piode da abbassare di 50 cm e tre finestre da otturare, rendendo in tal modo inospitale la costruzione. Un edificio rurale trasformato in appartamento, che ha ospitato un inquilino per sette anni, deve essere vuotato, finestre e altro da eliminare, cioè essere reso inutilizzabile. Ciò in un nucleo con diverse abitazioni. Non si parla di portare famiglie in periferia? Sentenza del Tribunale federale di settimana scorsa: demolizione totale di una dignitosa cascina, simbolo d’amore per il territorio degli avi. Siamo a Bellinzona, Maggia (Aron Piezzi?) e Malcantone. E c’è dell’altro!

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