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Nomine in magistratura, serve altro per cambiare?

In un silenzio mediatico, quasi paradossale, nella sezione parlamentare appena conclusasi, abbiamo assistito a una sorta di "doppio carpiato" del nostro parlamento, dove è andata in scena l’elezione di un magistrato nella commissione degli esperti indipendenti per l’elezione dei magistrati.

Il pasticcio, il paradosso chiamiamolo come volete, è servito con la nomina di un magistrato nel collegio di esperti. Gremio deputato e chiamato a valutare l’idoneità di magistrati che si propongono per funzioni in magistratura, nomina andata a un magistrato che pochi, pochissimi mesi fa, è stato oggetto, con un corposo numero di colleghi, di una valutazione negativa rispetto al rinnovo decennale del suo mandato personale in magistratura.

Insomma, ecco apparecchiata, senza colpo ferire, la perlomeno strana nomina di un nuovo esperto che verrà chiamato a giudicare magistrati per la quale funzione lo stesso non era stato ritenuto più idoneo. Che dire, niente male, per un mondo ormai decisamente alla rovescia. Il meno che si possa dire è che abbiamo assistito a una certa sfrontatezza da parte di una parte di questo parlamento con solo il Plrt, prima in commissione e poi in aula, schierato senza esitazioni e con grande coerenza contro questa nomina con estensione dal voto, e questo per coerenza e vi assicuro andando oltre al caso specifico.

È vero, l’esito finale è stata una votazione a dir poco risicata e mesta (43 voti favorevoli, 33 schede bianche e tre nulle), un segnale chiaro che qualcuno potrebbe valutare sufficiente. Ma che, per chi scrive e credo per il Paese elettore, francamente non lo può essere. Un’operazione e un accordo di una parte del nostro Gran Consiglio, che non può che preoccupare, far riflettere e imbarazzare.

Un caso che, se ancora ce ne fosse bisogno, ci deve ricondurre a riflettere sull’attuale sistema delle nomine in magistratura da parte della politica. Un sistema ormai non più adeguato per struttura e organizzazione procedurale, perché non è più in grado di reggere a una modernità altra, e che dovrebbe vedere finalmente una politica compatta nell’avere il coraggio di scaricare, se non completamente, almeno in parte il sistema quasi ottocentesco delle nomine in magistratura.

A questo riguardo mi permetto di ricordare l’iniziativa parlamentare pendente a nome dal gruppo liberale radicale a firma Marco Bertoli che propone un nuovo sistema per la nomina dei procuratori. Ovvero: attribuire al Gran Consiglio la competenza di eleggere (unicamente) la Direzione del Ministero pubblico, composta di cinque magistrati ("Il procuratore generale e quattro procuratori capo", di cui "uno sostituto del pg") per poi attribuire alla Direzione la competenza di nominare gli altri procuratori pubblici.

Se son rose fioriranno e noi siamo pronti a battagliare. Per il momento invece, tristemente basito, ingoio con alcuni colleghi il rospo di questa, speriamo ultima, vicenda di una politica che non vorrei più vedere.

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