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Preventivo 2023: dalle parole ai fatti

Il Parlamento cantonale, dopo una lunghissima e per certi versi inutile discussione, ha approvato il Preventivo 2023 che prevede una perdita di esercizio di circa 80 milioni di franchi. Previsione abbellita con l’inserimento temerario di ben 137 milioni di franchi di dividendi della Banca nazionale, dove viste le perdite registrate dall’Istituto è quasi certo che non verranno versati al Cantone. Operazione fatta unicamente per rendere il preventivo edulcorato a pochi mesi dalle Elezioni cantonali e per riuscire a non far scattare il freno al disavanzo, perché se si togliesse questa importante entrata il deficit si attesterebbe a circa 200 milioni. Un’inutile discussione perché da parte del fronte borghese vi è l’intenzione – c’è invero più o meno da dieci anni a questa parte – di mettere mano alla spesa pubblica, ma poi quando si tratta di farlo seriamente si trovano mille scuse per non agire. Come l’assurda decisione di commissionare uno studio esterno atto a individuare i margini per la riduzione della spesa. Il Parlamento e il Governo in primis, se solo lo volessero, avrebbero le competenze per individuare gli sprechi, le ridondanze e le esagerazioni dell’amministrazione pubblica. Questo non è altro che un esercizio alibi per superare indenni le Elezioni di aprile e per rimandare a nuova data quello che andava fatto da tempo, un’importante riduzione della spesa pubblica. Approvando il Decreto Morisoli, lo scorso 15 maggio il popolo ticinese ha ribadito che i conti dello Stato vanno risanati agendo prioritariamente sulla spesa. No a nuove tasse e balzelli, no all’aumento delle imposte, no al riversamento sui Comuni, no a tagliare le prestazioni sociali ai meno abbienti e – aggiungo io – no a tergiversare ulteriormente perché l’obiettivo di pareggiare i conti è fissato per il 2025. Il debito pubblico a fine 2023 sfiorerà i 2,5 miliardi di franchi (!), il capitale proprio sarà negativo per quasi 250 milioni. Un vero e proprio dissesto finanziario che non può continuare a essere rimandato a tempi migliori. Per bocca del Direttore del Dfe Christian Vitta, l’obiettivo di contenere il deficit obbligatoriamente a massimo 80 milioni indicato dal rapporto di maggioranza sottoscritto anche dall’Udc, è stato considerato dal Governo "un obiettivo a tendere e non un obbligo". A fronte di queste dichiarazioni il gruppo Udc, responsabilmente e coerentemente, ha allora bocciato il preventivo. Non sono necessari particolari studi per individuare margini di risparmio. Senza far male a nessuno basterebbe non continuare ad assumere personale, le cui spese superano abbondantemente i 1’100 milioni di franchi, aumentate nell’ultimo anno di ben 29 milioni e secondo il piano finanziario aumenteranno di ben 64 milioni entro il 2026 (!). Sarebbe sufficiente plafonare le spese per beni e servizi e facilmente si risparmierebbero 70-80 milioni di franchi l’anno. Il tutto senza toccare i costi di funzionamento dello Stato, dove anche in quell’ambito ci sarebbe molto da fare. Non è più tempo di tergiversare, bisogna agire per evitare alle future generazioni di pagare il conto di una politica incapace di definire le priorità e imparare a dire no, quando è il caso di farlo.

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