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Un chiaro controllo della spesa

Domenica 15 maggio i contribuenti ticinesi hanno dato un chiaro obiettivo al Consiglio di Stato e al Parlamento, ovvero quello di spendere meglio i soldi dei cittadini, rallentare la crescita della spesa, impedire un aumento delle imposte e ridurre il debito pubblico. Il fronte dei contrari – con l’aiuto delle varie organizzazioni che vivono unicamente grazie alla spesa pubblica – ha paventato scenari apocalittici che sono subito apparsi inverosimili e volti unicamente a screditare chi ha proposto e sostenuto il Decreto in Parlamento. Il fatto di continuare a chiamarlo "Decreto Morisoli" – quando di fatto l’adozione di questa legge l’ha decisa una maggioranza parlamentare composta da Udc, Plr, Lega e da pochi valorosi Ppd – dimostra la pochezza delle loro argomentazioni, che sono addirittura scadute nel paragonare l’autore della proposta in Gran Consiglio al dittatore Pinochet. Il buon Sergio Morisoli, grazie alla sinistra, vanta ora un decreto che porta il suo nome e questo non è certamente da tutti. La proposta approvata dal popolo ha molti pregi, il primo è di essere moderata. Di fatto si tratta di rallentare la crescita di circa 70-80 milioni di franchi entro il 2025, che comunque crescerà di ben 220 milioni, superando i 4’000 milioni. Un altro aspetto positivo è che il provvedimento non andrà a toccare i sussidi alle persone bisognose. Altrettanto fondamentale, non coinvolgerà finanziariamente i Comuni, che da tempo già pagano un importante contributo annuale per il risanamento dei conti cantonali, obiettivo rimasto vano. È fondamentale ora che la maggioranza creatasi in Parlamento possa continuare a lavorare assieme, con rigore e diligenza, per attuare quanto contenuto nel Decreto. Raggiungere l’obiettivo non è poi così complesso, basterebbe non sostituire la metà dei collaboratori che lasciano ogni anno l’amministrazione pubblica, riorganizzando le risorse secondo le esigenze dei singoli dipartimenti. Inoltre, è utile porre un limite all’eccessiva crescita della spesa per beni e servizi, che è valutata in ben 30 milioni, senza ben sapere per cosa. Così facendo, nel 2025 il pareggio dei conti sarebbe realtà. E questo senza far male a nessuno, soprattutto a chi necessita dello Stato sociale. Certo, per avere una più solida maggioranza in Parlamento basterebbe che il Ppd – da qualche tempo a conduzione sindacalista – smettesse di fare l’occhiolino alla sinistra. La recente proposta del collega presidente Ppd di commissionare uno studio esterno per analizzare la spesa pubblica si iscrive come l’ennesima proposta, oltre che essere un evidente spreco di soldi pubblici, finalizzata unicamente a posticipare un problema fondamentale, ora sancito in modo chiaro anche dagli elettori ticinesi. D’altronde, se tra i 90 parlamentari vi è una gran parte che si distingue per spendere come se non ci fosse un domani, ce n’è un’altra invece, che sa benissimo come risparmiare.

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