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Ripensare la socialità

La famiglia quale nucleo portante della società va riconosciuta, promossa e sostenuta per il suo indispensabile contributo sociale. Un sano sviluppo psico-fisico-affettivo del bambino passa necessariamente per l’accudimento genitoriale o familiare. Favorire i tempi di lavoro parziali e offrire un aiuto finanziario alle famiglie meno abbienti è sicuramente più sensato che finanziare asili nido. Anche la cura dell’anziano all’interno del nucleo familiare va privilegiata per evitarne lo sradicamento proprio negli anni più fragili. Le famiglie vanno aiutate in questo impegnativo compito.
I nostri giovani oggi si incontrano in bar o discoteche, luoghi a pagamento che non rispondono a bisogni educativi e sociali, o sono ipnotizzati davanti a computer e telefonini. Loro malgrado vittime della società dei consumi, sono anche il target preferito della pubblicità. Il costante aumento del consumo di alcolici, droghe, social, e purtroppo anche dei suicidi, denotano un grave disagio sociale. Legiferare per consentire ai sedicenni l’accesso ai locali notturni segue questa logica perversa.

Inclusione e benessere richiedono luoghi d’incontro in cui cittadini e associazioni possano tessere reti sociali. In una società sempre più frammentata e spinta all’individualismo, servono centri sociali per tutte le fasce di età, in grado di coinvolgere attivamente le persone, con spazi di aggregazione per mamme e bambini, adolescenti e anziani, e un’area esterna naturale. I giovani devono poter usufruire di strutture autogestite per incontrarsi, sviluppare solidarietà, cooperazione e talenti, occupando il tempo libero in modo creativo e comunicativo. La richiesta di centri giovanili risale agli anni 60. L’unico centro cantonale esistente è stato chiuso con la forza dal Comune di Lugano.

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