Oltre alle bombe la tempesta: oltre 800mila sfollati a Gaza guardano con terrore le nuvole nere che si addensano all'orizzonte e tra fulmini e tuoni si avvicinano alla martoriata Striscia, minacciata da una nuova alluvione che potrebbe spazzare via le fragili tende di fortuna che riparano gran parte della popolazione.
La tempesta Byron, il picco è atteso a partire dalle prossime ore, promette forti venti e grandine in tutta la regione fino a venerdì sera. Tre giorni che potrebbero trasformare la Striscia in un inferno d'acqua stretto nella morsa del gelo: oltre al rischio immediato per gli sfollati c'è quello legato alle reti fognarie in gran parte distrutte, l'acqua delle inondazioni quindi con tutta probabilità si mescolerà a quelle reflue, aumentando significativamente la diffusione di malattie come la dissenteria e il colera. Le forti piogge potrebbero inondare con rifiuti di ogni genere, plastica, resti animali e detriti le aree in cui si sono rifugiati i palestinesi.
L'Onu stima che quasi 850.000 persone, attualmente riparate in 761 campi profughi, affrontino il rischio più elevato di inondazioni. A Gaza piove già da martedì e le organizzazioni umanitarie hanno lanciato un appello urgente a Israele perché consenta l'ingresso di aiuti e materiali utili a fronteggiare la nuova imminente emergenza che potrebbe trasformarsi in tragedia.
A Gerusalemme intanto, incontrando il presidente israeliano Isaac Herzog, l'ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite Mike Waltz ha dichiarato di aspettarsi "prossimi" annunci sull'avanzamento del piano di pace americano, la cosiddetta fase 2. L'occasione potrebbe essere quella del 29 dicembre, quando il premier israeliano Benyamin Netanyahu incontrerà Donald Trump nel suo resort di Mar-a-Lago. Tra le novità potrebbe esserci la nomina del diplomatico bulgaro Nickolay Mladenov nel comitato, dopo il veto arabo su Tony Blair.
"Credo che assisteremo a prossimi annunci in merito al Consiglio per la Pace, guidato dal presidente Trump. Le componenti chiave sono un'autorità tecnocratica dei palestinesi per ottenere acqua, gas, fognature, per ripristinare i servizi di base", ha detto Waltz sottolineando che "ciò che è chiaro, e voglio essere chiaro, è che Hamas deve andarsene". A stretto giro è tornato a farsi sentire Khaled Meshaal, uno dei pochi sopravvissuti della leadership politica del gruppo, che non ha replicato direttamente all'inviato americano ma, pur promettendo uno stop agli attacchi contro Israele, ha mantenuto il punto sul disarmo: consegnare le armi sarebbe come "togliere l'anima" ad Hamas. Che dunque sembra non aver nessuna voglia di smobilitare.
In questo contesto è sempre più alta la tensione in Cisgiordania, dove sono "almeno 100" i palestinesi arrestati nel corso di vari raid dell'esercito israeliano, ha denunciato l'ufficio dei prigionieri palestinesi a Ramallah. In particolare, i blitz sono stati compiuti a Nablus - dove sono state arrestate 30 persone - Hebron e Jenin. Tra le persone fermate dall'Idf ci sono numerosi ex prigionieri rilasciati nelle scorse settimane.
A infiammare gli animi c'è poi la decisione del ministro delle Finanze israeliano, il falco dell'ultradestra Bezalel Smotrich, che ha annunciato l'approvazione definitiva alla costruzione di 764 unità abitative in tre insediamenti israeliani in Cisgiordania, a Hashmonaim, oltre la linea di demarcazione nel centro di Israele, e a Givat Zeev e Beitar Illit, vicino a Gerusalemme. Per l'Autorità nazionale palestinese è un tentativo di "minare tutti gli sforzi internazionali volti a fermare la violenza e a raggiungere la stabilità nella regione".