La Commissione propone quote a 18 milioni di tonnellate annue e tariffe al 50% sui volumi eccedenti, in linea con Usa e Canada
Uno scudo per l'acciaio europeo, con una drastica riduzione e tariffe al 50%. L'Ue, sempre più assediata dal punto di vista commerciale, passa al contrattacco e mette in campo un piano per andare incontro alle esigenze del settore siderurgico, che da tempo ha lanciato l'allarme sulla sua crisi. Martedì il collegio dei commissari approverà il pacchetto di misure che, tra l'altro, va incontro alle richieste di Donald Trump. È la Cina, infatti, ad essere il principale bersaglio della stretta sull'importazione.
La mossa di Palazzo Berlaymont è infatti innanzitutto una risposta all'invasione dell'acciaio cinese. La Commissione punta a ridurre di quasi la metà le quote di importazione di acciaio a dazio zero e ad alzare al 50% le tariffe sui volumi extra. I dazi sui volumi eccedenti risulteranno così raddoppiati, passando dall'attuale 25% — effetto delle prime misure di salvaguardia comunitarie — al 50%.
Secondo quanto anticipato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, l'obiettivo dell'esecutivo Ue è limitare "le importazioni di acciaio a 18 milioni di tonnellate all'anno. Ciò corrisponde a un dimezzamento delle importazioni rispetto all'anno di riferimento 2013". Poco altro è filtrato, finora, dalle misure che i commissari Stéphane Séjourné e Maros Sefcovic annunceranno in conferenza stampa. Tra le ipotesi circolate nei giorni scorsi sono emerse anche misure di salvaguardia per l'alluminio e dazi all'export sui rottami metallici. Di certo l'iniziativa di Ursula von der Leyen e della Commissione si inserisce nel quadro della strategia già messa in campo da Usa e Canada sull'importazione dalla Cina e pone una prima pietra della cosiddetta "alleanza dei metalli", sulla quale von der Leyen si è impegnata con il presidente americano.
La stretta sull'importazione dell'acciaio va, almeno in teoria, anche incontro alle richieste del comparto. Solo pochi giorni fa Eurofer, l'associazione delle imprese dell'acciaio, aveva sottolineato che "la sovraccapacità produttiva globale ai massimi storici, unita ai prezzi dell'energia e delle materie prime a livelli non competitivi, ha messo a rischio circa 300.000 posti di lavoro diretti e 2,3 milioni di posti di lavoro indiretti".