Estero

Catastrofe umanitaria in Siria, Erdogan chiama Putin

18 luglio 2025
|

Circa 700 uccisi in cinque giorni, 80mila sfollati, un ospedale colmo di corpi senza vita ma senza medicinali, una città senza acqua ed elettricità: sono solo alcuni degli inquietanti contorni della "catastrofe umanitaria" causata dal nuovo round di violenze in corso nel sud della Siria, dove da domenica forze governative e i loro ascari beduini sunniti danno l'assalto alla roccaforte drusa di Sweida, al confine con la Giordania e vicina alle Alture del Golan occupate da Israele.

Oltre allo Stato ebraico che nelle ultime 24 ore è tornato a compiere raid aerei dimostrativi "a protezione dei drusi", la scena regionale legata alla crisi di Sweida ha visto nelle ultime ore l'iniziativa del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, principale sostenitore dell'autoproclamato presidente siriano Ahmad Sharaa. Parlando col presidente russo Vladimir Putin, Erdogan ha ammonito Israele dal non violare "la sovranità della Siria".

Sweida è il luogo dove entrano in collisione gli interessi di Israele e Turchia da una parte, e del governo di Damasco e delle forze locali druse dall'altra. In questo contesto, dalla scorsa notte è stato violato il precario cessate il fuoco. Le tribù beduine di varie regioni siriane, solidali col governo di Sharaa, hanno annunciato la "mobilitazione generale" contro contro le milizie druse agli ordini dello shaykh Hikmat Hijri, che aveva rifiutato i termini dell'accordo con Damasco. Dall'estremo nord-ovest siriano all'Eufrate, da Homs a Damasco, convogli di miliziani delle forze tribali si sono unite a quelle dei beduini del sud. Inizialmente, media filo-governativi avevano annunciato il raggiungimento di un accordo tra Damasco, Israele e dignitari drusi per un ingresso incruento delle forze del governo per "ristabilire l'ordine" e "proteggere i civili". Poi è giunta la smentita. E la mobilitazione dei beduini è sembrata a molti analisi come un modo del governo per spingere le autorità druse a capitolare.

Mentre continuano gli scontri alla periferia di Sweida, l'Onu parla già di 80mila sfollati, per lo più donne e bambini, sia drusi che beduini. E chiede lo stop immediato ai combattimenti. Dall'ospedale pubblico di Sweida giungono appelli disperati a togliere l'assedio alla città per far arrivare medicinali e soccorsi. "Non c'è più spazio per le salme i corpi sono per strada", affermano i pochi medici rimasti. Organizzazioni della società civile chiedono l'apertura di corridoi umanitari per consentire l'accesso di acqua, cibo. "Sweida è senza elettricità, acqua e senza internet", affermano gli attivisti.