Estero

USA e UE verso un accordo sui dazi con massima pressione

Trattative serrate prima della scadenza, con progressi annunciati e accordi imminenti

6 luglio 2025
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Ultime ore prima della verità sui dazi. La deadline scatterà infatti mercoledì 9 luglio alle 12:01 della costa orientale americana, ovvero le 18:01 in Svizzera. E cosa accadrà dopo al momento nessuno lo sa con certezza.

Qualche indicazione l'ha data però il segretario al Tesoro Scott Bessent: le trattative con l'Unione europea, dopo un avvio lento dei negoziati, "procedono" e - sostiene - "ci sono stati progressi". "Saremo molto impegnati nelle 72 ore a venire", ha aggiunto poi sottolineando che "diversi importanti accordi" saranno annunciati nei "prossimi due giorni".

Un tono conciliante che fa il paio con le dichiarazioni diffuse a Bruxelles dalla Commissione, impregnate di cauto ottimismo. Ma non vuol dire nulla. Il terreno, si sa, è sempre più friabile a pochi passi dalla meta, specie se al di là del traguardo c'è Donald Trump.

"Siamo concentrati su 18 paesi che rappresentano il 95% del nostro deficit commerciale", ha sottolineato Bessent nel corso di un'intervista alla CNN, notando che la strategia applicata nelle trattative è quella della "massima pressione". L'UE lo sa bene. Domani è prevista la riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti - essenzialmente il direttorio dell'Unione, dove siedono gli ambasciatori dei 27 - in modo da coordinare la risposta, "deal" o "no deal".

Per ora solo il Regno Unito e il Vietnam hanno stretto un accordo con gli USA sui dazi (c'è chi l'ha definito come il primo vero risultato della Brexit, dato che altrimenti Londra sarebbe stata obbligata a trattare insieme agli altri Stati membri dell'UE). La Gran Bretagna ha strappato il 10%. Che poi è quello a cui punta Bruxelles.

Il Vietnam invece il 20%. Ovvero molto meno del 46% annunciato lo scorso aprile nel Liberation Day. "Nel complesso, consideriamo l'accordo tra Stati Uniti e Vietnam un passo positivo verso accordi bilaterali più duraturi per gli USA e verso una maggiore chiarezza per gli investitori", ha affermato Ulrike Hoffmann-Burchardi, responsabile globale delle azioni presso UBS Global Wealth Management, in una nota pubblicata la scorsa settimana.

E continuano serrate anche le trattative commerciali fra gli Stati Uniti e il Giappone: il capo negoziatore di Tokyo ha avuto almeno due telefonate con il ministro del commercio americano Howard Lutnick, di cui una di un'ora sabato. Il Sol Levante è nel mirino del tycoon da alcuni giorni con la minaccia di dazi al "30%, 35% o quanto vogliamo".

È la famosa prevedibilità che tanto piace ai mercati e che è stata invocata recentemente pure da diversi leader europei - uno su tutto il cancelliere tedesco Friedrich Merz - secondo i quali l'incertezza rischia di essere persino peggiore dei dazi (purché contenuti sotto una certa soglia). Trump lo ha capito è infatti usa una tecnica mista, bastone e carota.

Le 12 lettere ad altrettanti paesi con dentro la cifra da pagare - secondo il tycoon saranno sulla falsa riga del "congratulazioni, pagherai il 25%", in pieno stile del suo reality "The Apprentice" - dovrebbero partire domani e, se non ci sarà accordo, i dazi torneranno al livello del 2 aprile e scatteranno dal 1º agosto. La missione dunque è contenere i danni.

Il resto del mondo osserva, non necessariamente in silenzio. I paesi del Brics, ad esempio, esprimono "serie preoccupazioni" per l'escalation del protezionismo e delle misure commerciali unilaterali. Il mondo e le Borse restano alla finestra, ormai consapevoli che l'ordine basato sulle regole va a farsi benedire se le regole le decide il più forte.