Dodici morti e circa 90 feriti nei pesantissimi raid russi che hanno colpito la capitale come non accadeva da lungo tempo
Prima l’ultimatum di Donald Trump, poi il ritorno dell’orrore a Kiev: l’Ucraina ha vissuto una delle notti più buie nella storia recente della sua guerra. I missili e i droni di Mosca sono tornati a colpire la capitale come non accadeva da tempo, replicando nel giro di pochi giorni la strage della Domenica delle Palme a Sumy.
I morti a Kiev sono stati dodici, i feriti circa 90. Il bombardamento russo si è inserito in una situazione diplomatica complessa. Da Washington, mentre i missili di Mosca colpivano Kiev, il presidente americano tornava infatti ad attaccare Volodymyr Zelensky additandogli la colpa di non voler accettare lo schema di tregua concordato con il Cremlino.
Col passare delle ore e con l’emergere della gravità dell’attacco russo, Trump è stato costretto a un mezzo passo indietro. “Non sono contento degli attacchi a Kiev. Non necessari, e in un pessimo momento. Vladimir, stop!”, ha scritto Trump su Truth, tradendo un’evidente irritazione per quanto accaduto. “Credo fortemente che Zelensky e Putin vogliano la pace ma devono venire al tavolo dei negoziati. È passato troppo tempo”, ha poi rimarcato a margine dell’incontro con il premier norvegese. Tornando a evocare una deadline stabilita dagli Stati Uniti dopo la quale “le cose andranno diversamente”.
I raid su Kiev hanno confutato quasi in diretta quanto aveva sostenuto Trump incontrando mercoledì i giornalisti alla Casa Bianca. Il tycoon aveva attaccato Zelensky per il suo rifiuto di riconoscere la Crimea come russa, accusandolo di voler prolungare “lo sterminio”. Con Mosca, aveva sostenuto Trump, i termini della tregua sono quasi definiti. “Vedrò Vladimir Putin molto presto, dopo il mio viaggio in Arabia Saudita”; aveva poi annunciato collocando, quindi, l’attesissimo incontro con lo Zar dopo il 16 maggio.
Le parole di Trump sui contorni della tregua hanno marcato la distanza che, sull’Ucraina e non solo, c’è in questo momento tra le due sponde dell’Atlantico. L’attacco di Kiev, agli occhi di Bruxelles, non è stato altro che un ulteriore funesto segnale di come il tycoon si sbagli. “La Russia, e non Kiev, è il vero ostacolo alla pace. La sua non è una ricerca della pace ma una presa in giro”, ha sottolineato l’Alto rappresentante per la Politica estera Kaja Kallas.
Mentre dalla Commissione hanno ribadito come spetti all’Ucraina decidere le condizioni “effettive per la pace”. Il cordoglio e la rabbia per l’attacco di Kiev ha attraversato quasi tutte le cancellerie europee. Con Emmanuel Macron che si è rivolto direttamente a Trump: “Gli americani devono prendersela soltanto con una persona, il presidente Putin”, ha sottolineato il presidente francese.
In un gioco di riequilibri la Casa Bianca potrebbe cambiare alcuni termini del negoziato a favore di Kiev. Secondo Bloomberg Washington chiederà a Mosca di riconoscere il diritto alla difesa dell’Ucraina, di avere un proprio esercito e una propria industria della difesa nonché di restituire a Kiev la centrale di Zaporizhzhia. Il segretario di Stato Marco Rubio ha da parte sua negato qualsiasi ipotesi di revoca delle sanzioni americane nei negoziati di pace.
L’attacco russo è stato tra i più letali degli ultimi mesi. Settanta missili e 145 droni hanno colpito una zona piuttosto centrale di Kiev. Contemporaneamente l’allerta è scattata in tutta l’Ucraina e anche Kharkiv è tornata sotto tiro.
Il Cremlino ha sostenuto di aver colpito industrie militari nella capitale. E, con il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale Sergei Shoigu, è tornato a evocare la guerra nucleare in caso di aggressione, ovvero nel caso peacekeeper europei fossero dispiegati in aeree come il Donbass. Zelensky, che era in missione in Sudafrica, ha invece anticipato il rientro a Kiev. Poi, sabato sarà a Roma per i funerali di Papa Francesco. E, per il leader ucraino, la possibilità di un incontro con Trump diventa, di ora in ora, più necessaria.