regno unito

‘Spie di Pechino a Westminster’, in due a processo

Guerra fredda con la Cina. Anche la Germania si muove: arrestati ‘tre agenti d'influenza’

Il quartier generale dell’MI6 britannico
(Keystone)
22 aprile 2024
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Basta stereotipi e vecchia letteratura dozzinale sulle spie dagli occhi a mandorla o sul pericolo giallo. Hanno nomi e fattezze occidentali gli ultimi presunti agenti al soldo di Pechino additati in rapida successione da Germania e Regno Unito: i due Paesi europei che forse più di tutti avevano scommesso nei decenni scorsi sulla cooperazione d'affari con la potenza asiatica, salvo ritrovarsi ora in un clima quasi da guerra fredda col Dragone, sullo sfondo dell'altolà geopolitico imposto loro dal grande alleato americano, oltre che delle trame e dei giri di vite imputati alla Repubblica Popolare sul fronte interno e internazionale.

Le notizie da Karlsruhe

Da Berlino, anzi dalla procura federale di Karlsruhe, arriva la notizia dell'arresto di tre cittadini tedeschi (la cui identità completa rimane riservata), fermati fra Bad Homburg e Dusseldorf e sospettati d'aver messo le mani su progetti di ricerca ritenuti sulla carta utili alla marina militare cinese. Vicenda da chiarire e confermare nei dettagli, a inchiesta in corso, ma che adombra uno smercio di "informazioni tecnologiche" sensibili; e che ha portato in manette una coppia di coniugi, indicati al momento come Herwig e Ina F., nonché un terzo uomo, tale Thomas R. Più avanzata - e legata allo spettro d'intrusioni spionistico-politiche nelle istituzioni democratiche dell'isola - è invece l'indagine britannica.

Il caso inglese

Svelata un anno fa e sfociata oggi nell'incriminazione formale di due sudditi di Sua Maestà da parte di Scotland Yard, uno dei quali già ricercatore negli uffici di Westminster e assistente parlamentare. Entrambi chiamati a rispondere di "violazioni dell'Official Secrets Act", legge sulla tutela dei documenti riservati. I due, i cui nomi erano stati inizialmente coperti dal riserbo e che si erano dichiarati innocenti in forma anonima per bocca dei loro avvocati difensori, sono il 29enne Christopher Cash e il 32enne Christopher Berry, come confermato dagli inquirenti del Crown Prosecution Service (Cps). Compariranno venerdì di fronte a un giudice della Westminster Magistrates Court per un'udienza preliminare.


Keystone
Sicurezza a Londra

Cash e Berry sono accusati d'aver "raccolto, diffuso o condiviso documenti e informazioni destinati a essere utilizzati da un nemico", a quanto si legge nell'atto d'incriminazione. Atto che richiama per la Cina proprio la dicitura di "nemico", neppure di attore o Stato ostile. Nick Price, capo della divisione antiterrorismo del Cps, e Dominic Murphy, responsabile antiterrorismo di Scotland Yard, hanno parlato di "un'inchiesta estremamente complessa" e di "accuse molto gravi", ammonendo tuttavia a evitare "congetture e fughe di notizie" in attesa del completamento degli approfondimenti del caso: già bollato a suo tempo da Pechino come frutto di "psicosi" politica.

Figure importanti nei Tories

Cash, stando a indiscrezioni dei media, risulta aver avuto in passato rapporti di lavoro ai Comuni con deputati di primo piano della maggioranza Tory, considerati ‘falchi’ nelle relazioni con Pechino, quali l'attuale ministro per la Sicurezza nazionale, Tom Tugendhat, e la presidente della commissione Esteri della Camera, Alicia Kearns. Figure importanti nel partito del premier Rishi Sunak, il cui governo ha ripetutamente evocato "interferenze" - negate dietro la Muraglia - nella politica britannica: fino a denunciare di recente - in parallelo con Usa e Nuova Zelanda - un'articolata regia cinese dietro l'orchestrazione di "inaccettabili" campagne di cyber-attacchi contro politici sgraditi e istituzioni varie.

Accuse che si uniscono a quelle su dossier quali "le repressioni" nell'ex colonia di Hong Kong o le violazioni dei diritti umani contro i musulmani dello Xinjiang. E che hanno di fatto sepolto gli slogan inneggianti alle prospettive di "un'età dell'oro" nei rapporti sino-britannici intonati, or non è molto, all'epoca dei governi del laburista Tony Blair e soprattutto del conservatore David Cameron. Il medesimo Cameron che adesso, riesumato nei panni di ministro degli Esteri di Sunak, si limita a mandare in Cina per una missione diplomatica in tono minore una sua numero due, Anne-Marie Trevelyan. Preferendo fermarsi oggi nel vicino Kirghizistan, repubblica ex sovietica laddove l'Occidente cerca da vari lustri di far concorrenza all'influenza di Mosca e Pechino: con risultati incerti.

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