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Harris premier irlandese, è il più giovane della storia

A 37 anni succede a Varadkar, è lui il volto nuovo d'un governo logorato in un Paese in difficoltà

Il presidente Michael Higgins con Simon Harris
(Keystone)

Un premier appena 37enne per riverniciare l'immagine di una coalizione logorata e tentare di dare nuova linfa ad assetti di potere vecchi. L'Irlanda cambia timoniere e affida a Simon Harris, classe 1986, la poltrona di capo del governo di Dublino (taoiseach in lingua gaelica) dopo l'annuncio delle dimissioni a sorpresa, il 19 marzo, di Leo Varadkar, da 7 anni al vertice del Paese.

Un passaggio di consegne senza suspense che suggella l'ascesa del primo ministro più verde della storia nazionale della cosiddetta Isola Verde: record strappato proprio a Varadkar, designato per la prima volta a 38 anni compiuti. La fiducia a Harris, ministro dell'Istruzione uscente, è stata consacrata dal voto del Dail, parlamento monocamerale della Repubblica, riconvocato dopo la pausa di Pasqua: con la conferma dell'accordo di maggioranza tra Fine Gael e Fianna Fail, le due storiche forze dominanti rivali del centro-destra irlandese costrette a convivere pur di rimanere in sella, puntellate per ragioni di sopravvivenza dalla stampella del Green Party.

Passaggio automatico

Si è trattato di un passaggio automatico (88 voti a favore della fiducia, 69 contro) dopo che Harris era già subentrato a Varadkar il 24 marzo – in veste di candidato unico d'emergenza – come leader di partito del liberal-conservatore Fine Gael: formazione a cui le intese fra alleati riluttanti assicurano in questa fase lo scranno di premier in base a una staffetta. Poi, nel pomeriggio, l'insediamento formale nelle mani del vecchio presidente-letterato Michael D. Higgins.


Keystone
L’esultanza di Harris nel giorno dell’insediamento

Al suo passo d'addio in aula, il 45enne Varadkar ha rivendicato l'eredità del proprio gabinetto, fra l'altro su materie come gli impegni nella lotta ai cambiamenti climatici. Ma ha pure ribadito di non ritenersi più l'uomo giusto per il futuro, non senza elogiare Harris come un predestinato e l'alfiere "dell'inizio di una nuova era". Un'era di rilancio dell'azione dell'esecutivo, nelle parole di quest'ultimo, il quale non ha del resto negato la portata delle "sfide" da affrontare (a partire dalla promessa dell'ennesimo piano contro la carenza di alloggi residenziali abbordabili) evocando le sue radici di figlio di tassista alla stregua di una sorta di garanzia verso la working class.

Figura di compromesso

Deputato a nemmeno 25 anni, e al governo senza soluzione di continuità dal 2016 con vari incarichi, Simon Harris appare tuttavia una figura di compromesso, se non di transizione. In bilico fra la continuità con la stagione di Varadkar – primo premier gay e di padre immigrato dell'Irlanda, capace di coniugare politiche moderate rassicuranti per l'establishment con accelerazioni sui "diritti civili" in una società ormai secolarizzata non più cattolicissima – e l'esigenza preelettorale (in vista del voto politico del 2025 più che delle Europee di maggio) di un'etichetta di ricambio generazionale.

Problemi economico-sociali

Il tutto sullo sfondo di problemi economico-sociali irrisolti e malumori alimentati dal tradizionale neutralismo irlandese in nome di un disallineamento più netto del Paese – membro a pieno titolo dell'Ue, non della Nato – da certe posizioni occidentali sulla guerra tra Russia e Ucraina o, più ancora, sul conflitto israelo-palestinese: istanze cavalcate dal Sinn Fein, partito di sinistra radicale divenuto per la prima volta forza di maggioranza relativa alle urne nel 2020, ma tenuto fuori dalla stanza dei bottoni. Partito antagonista la cui leader, Mary Lou McDonald, è tornata a invocare dall'opposizione "un cambiamento vero", sancito "dal popolo" hic et nunc in elezioni anticipate. Invano, per ora.

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