sudamerica

L’Ecuador in guerra contro i suoi narcos

Attentati, irruzione a mano armata in diretta tv e carceri in rivolta dopo il pugno duro del presidente Noboa seguito alla fuga del boss Fito Macías

In sintesi:
  • Sono 22 le bande che stanno mettendo a ferro e fuoco il Paese
  • Leggi speciali e possibilità di usare armi di ogni tipo anche in strada
Il boss Fito Macías dopo l’ultimo arresto, ora è in fuga
(X)
10 gennaio 2024
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Sembra la Colombia degli anni di Escobar, con un boss col nome da boss – Adolfo “Fito” Macías – in fuga. E sembra una partita di Gta, il contestatissimo e vendutissimo videogioco in cui puoi passeggiare e delinquere per città fittizie armato fino ai denti, come fa, in una città reale, su una vera strada a scorrimento veloce di Quito (in un video comparso e poi moltiplicatosi su X) un uomo in pantaloncini neri, che non ha avuto né tempo né voglia di portarsi una maglietta, ma il bazooka sì. Tra questi due estremi, e anche oltre, vive oggi l’Ecuador, definito da molti sull’“orlo della guerra civile”, ma – sarebbe meglio dire – in guerra con le bande criminali che parte della politica locale ha cresciuto, ingrossato, frequentato sino a perderne il controllo.

Nomi che dicono tutto

Il “conflitto armato interno”, come lo ha definito martedì sera, senza troppi giri di parole, lo stesso presidente ecuadoriano, Daniel Noboa (eletto pochi mesi fa dopo l’ennesimo caso di corruzione, affari poco chiari e abuso di potere che ha travolto il governo precedente, guidato da Guillermo Lasso), e lo stato d’emergenza sono lo sbocco quasi naturale in un Paese che ormai da tempo si era arreso, se non in molti casi addirittura alleato con gang di cui basta fare i nomi per capirne la pericolosità, l’invasività e anche la sovrabbondanza: Águilas, ÁguilasKiller, Ak47, Caballeros Oscuros, ChoneKiller, Choneros, Covicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Fatales, Gánster, Kater Piler, Lagartos, Latin Kings, Lobos, Los p.27, Los Tiburones, Mafia 18, Mafia Trébol, Patrones, R7, Tiguerones.


Keystone
La rivolta sedata in una prigione di Guayaquil

Tutte le 22 bande criminali, nominate, una a una da Noboa, minacciano la tenuta democratica del Paese. Si erano infiltrate ovunque, in particolare nella provincia di Esmeraldas, a nord, da dove la gente ormai scappava terrorizzata dal crescente numero di esecuzioni in strada, anche davanti a donne e bambini. A sud, nella zona di Machala, nella provincia chiamata El Oro, i cartelli si spartivano il mercato delle banane, il più ricco del mondo, e quello di minerali e materie prime, oro – appunto – compreso.

I guai di Guayaquil

La città-simbolo del potere delle gang era ed è Guayaquil, secondo centro economico del Paese dopo la capitale e porto fluviale in grado di generare ricchezza e malaffare. In pochi anni Guayaquil ha scalato tutte le classifiche di delinquenza diventando la 25esima città più pericolosa del mondo, l’unica ecuadoriana tra le prime cento. Non passava giorno senza un omicidio o una sparatoria in pieno centro, oggi le cose sono peggiorate a tal punto che non solo a Guayaquil, ma anche a Quito e negli altri grandi centri come Cuenca i negozi hanno preferito tenere le serrande abbassate. I militari, chiamati a raccolta dal presidente, stanno presidiando le strade, con scene da film, discorsi motivazionali dei graduati, in strada e a favore di telecamera, e ingressi trionfali nei supermercati – dove viene offerto loro da mangiare – tra gli applausi della gente impaurita, che tifa per loro.

Non esistono bilanci ufficiali ma polizia e amministrazioni locali hanno indicato finora che i morti sono 13, mentre si segnalano decine di feriti e l'arresto di almeno 70 persone. Le immagini diffuse da tv e social – fra cui quelle di uno spettacolare assalto di individui dal volto coperto al canale TC Television di Guayaquil con giornalisti in ginocchio che implorano di non essere uccisi e dei cadaveri abbandonati nelle strade – hanno scosso l'opinione pubblica e preoccupato la comunità internazionale. Molti Paesi, come Usa, Spagna e Italia hanno manifestato la loro solidarietà all'Ecuador, così come Brasile, Cile, Colombia, Perù e Paraguay, mentre la Cina ha chiuso ambasciata e consolati. L’Argentina si è anche offerta di mandare alcuni dei suoi reparti speciali per aiutare l’esercito ecuadoriano.


Keystone
L’esercito pattuglia l’esterno del Parlamento a Quito

Misure eccezionali

Le misure eccezionali disposte dal governo, che comprendono la circolazione in tutto il Paese dei veicoli blindati e la sospensione di alcune libertà individuali, sono giunte dopo la fuga dal carcere di Macías, colui che oggi somiglia di più al fantasma di Pablo Escobar. Macías, dal carcere in cui era detenuto, guidava la potente banda dei “Los Choneros”, che ha anche una filiale messicana. Sarebbe riuscito a fuggire prima di Natale, mettendo al suo posto un sosia, rivaleggiando in fantasia con la sceneggiatura di un film. Del sosia, nel carcere, si sarebbero accorti solo pochi giorni fa, lasciando un enorme vantaggio a Macías.

La risposta del governo, con un’immediata stretta e l’annuncio di una guerra al narcotraffico (definito “terrorismo”) strada per strada e casa per casa, ha subito provocato una violenta reazione dei gruppi criminali, con rivolte nelle carceri, presa di ostaggi (si parla di oltre 125 secondini nelle mani di detenuti), attacchi armati, incendi, omicidi e sequestri. Sulla rete circolano video dei sequestrati che chiedono aiuto e perfino un’esecuzione per impiccagione, la cui vittima, incappucciata, porta una divisa da poliziotto.


Keystone
Il giornale Extra con il titolo ‘Terroristi’

Noboa, sostenuto dal suo stesso popolo che vede la democrazia appesa a un filo, ieri ha rincarato la dose avvertendo "eventuali giudici e pm che sostenessero i gruppi terroristici" che "sarebbero considerati appartenenti agli stessi gruppi e trattati come tali". Anche l’ex presidente progressista Rafael Correa, esule in Belgio, si è rivolto direttamente al conservatore Noboa in un video assicurandogli il suo "sostegno illimitato". Noboa, da parte sua, ha ricordato che il Paese è in guerra, per la pace, contro i terroristi’.

Paese in declino

Il degrado della convivenza civile in Ecuador, in passato considerata una nazione tranquilla per gli standard latinoamericani, risale ad almeno sette anni fa, quando esponenti dei cartelli della droga di Messico e Colombia si sono infiltrati nei traffici marittimi delle città portuali. Con l’appoggio della ’ndrangheta e delle mafie balcaniche hanno poi avviato traffici di droga miliardari con Usa ed Europa, diventando il nuovo polo sudamericano del narcotraffico.

Ieri a rendere tutto ancora più surreale, come si conviene a questa parte di mondo, la comparsa in un video girato a Guayaquil di due uomini travestiti, uno da Batman e l’altro da Joker, che si fanno intervistare da uno degli anchormen più noti del Paese, armi in pugno, recitando, chissà fino a che punto, la parte dei criminali.


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Un bambino osserva il padre poliziotto che va ‘in guerra’