In extremis, l'accordo di tregua tiene e la tensione si allenta. Grazie alla mediazione di Qatar ed Egitto
Si è sbloccata ieri in serata, sabato 25 novembre, grazie alla mediazione di Qatar ed Egitto, l'impasse che ha rischiato di far saltare dopo meno di 24 ore la tregua tra Israele e Hamas. Tredici ostaggi israeliani sono stati liberati e consegnati alla Croce Rossa insieme a quattro cittadini thailandesi dopo ore di incertezza e di angoscia per i parenti in attesa.
Subito dopo vi è stato il passaggio del valico di Rafah e l'entrata in Egitto, dove sono stati presi in consegna dalle forze speciali dell'esercito e dalle forze di sicurezza israeliane che li hanno trasferiti in territorio israeliano.
Lì sono stati sottoposti a un primo controllo medico. Sono stati accompagnati dai soldati delle Forze di difesa israeliane (Idf, l'esercito dello Stato ebraico) mentre si dirigevano verso gli ospedali, dove si sono riuniti alle loro famiglie. In contemporanea è iniziata la liberazione dei 39 detenuti palestinesi dal carcere di Ofer, città nel Nord di Israele.
I tredici ostaggi israeliani sono tutti del kibbutz Beeri, uno dei più colpiti lo scorso 7 ottobre. Hanno un'età compresa fra tre e 67 anni.
Il direttore dell'ospedale pediatrico di Safra, presso lo Sheba Medical Center, ha fatto sapere oggi che le condizioni di dodici dei tredici ostaggi rilasciati, ovvero coloro che hanno trascorso la notte presso la struttura sanitaria, non hanno necessità di cure urgenti. Lo riferisce il quotidiano israeliano Haaretz.
«Gli orrori della prigionia sono evidenti su di loro, ma nessuno necessita di un intervento medico urgente e immediato», ha detto il professore Itai Pesach. La tredicesima persona rilasciata ieri è una 21enne, rapita dal festival musicale Supernova con suo fratello, ancora tenuto in ostaggio, che è stata trasportata invece al centro medico Soroka di Beersheba per essere sottoposta a cure mediche immediate ed è al momento in condizioni stabili, si legge sul quotidiano online Times of Israel.
A ritardare il rilascio era stato Hamas che aveva motivato il differimento con il fatto che «Israele non ha attuato gli elementi dell'intesa». Un'accusa rigettata in toto da Tel Aviv che aveva minacciato la ripresa dei combattimenti dalle 24 di ieri sera se gli ostaggi non fossero stati liberati.
Lo stop all'accordo è arrivato dalle Brigate al Qassam, l'ala militare di Hamas, che ha messo nel mirino il mancato rispetto «dell'accordo sull'ingresso di camion umanitari nel Nord della Striscia di Gaza e il mancato rispetto degli standard concordati per il rilascio dei prigionieri».
La contestazione di Hamas, secondo quanto appreso dall'agenzia di stampa italiana Ansa, si riferiva ai nomi e all'ordine temporale con il quale Israele ha scadenzato la liberazione dei detenuti palestinesi. Fonti politiche israeliane, citate dai media, hanno risposto che «non c'è stata alcuna violazione degli accordi. Così come Hamas decide in ogni fase chi rilasciare dalla sua lista degli ostaggi, altrettanto decidiamo noi quali detenuti di sicurezza palestinesi devono essere liberati in cambio».
Una nuova lista di ostaggi che dovrebbero essere rilasciati oggi da Hamas è stata ricevuta dall'ufficio del primo ministro israeliano, riportano i media, spiegando che il governo si è già attivato mettendo al corrente le famiglie delle persone che saranno liberate.
Secondo fonti della sicurezza, sono stati trasferiti «nel Nord della Striscia di Gaza ben 61 camion di aiuti umanitari sui 200 passati oggi, tra cui cisterne di carburante e gas». Hamas ha ribattuto che «340 camion sono entrati a Gaza da venerdì scorso, 65 dei quali hanno raggiunto il Nord della Striscia. Un numero che è meno della metà di quanto Israele ha concordato».
Per la Mezzaluna Rossa Palestinese ieri sono stati consegnati «con successo aiuti umanitari alla città di Gaza e al governatorato settentrionale di Gaza nel più grande convoglio» dall'inizio della guerra nella Striscia.
I canali di comunicazione indiretta tra le parti si sono subito mossi per risolvere lo stallo. Il Qatar – suoi funzionari sono arrivati in aereo in Israele – ha mosso le sue pedine cercando di arrivare a una mediazione «il più presto possibile». E anche l'Egitto ha fatto sapere di aver compiuto "intensi sforzi" per portare a compimento la seconda tranche dello scambio tra ostaggi e detenuti palestinesi. Pure il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha fatto la sua parte, parlando con il Qatar, per sbloccare lo stallo.
All'inizio della giornata, prima che tutto si bloccasse, lo scenario e i segnali erano apparsi anche migliori del previsto. Fonti egiziane hanno rivelato che erano in corso ulteriori trattative per allungare di uno o più giorni la tregua in atto. E da entrambe le parti avevano ricevuto «indicazioni positive». Lo sforzo è quello di favorire uno scambio di ostaggi e detenuti il più largo possibile fino ad arrivare, come detto fin dal primo momento, a 100 ostaggi liberati (su 230 tenuti a Gaza) per 300 detenuti palestinesi, mentre l'attuale intesa ne prevede 50 per 150.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, entrato ieri a Gaza nella parte sotto il controllo israeliano, ha ammonito che i militari resteranno nella Striscia finché tutti gli ostaggi non saranno restituiti ed eventuali futuri negoziati con Hamas verranno condotti durante i combattimenti.
Se a Gaza tacciono le armi, in Cisgiordania, considerata il «fronte interno della guerra», gli scontri con l'esercito israeliano proseguono. A sud di Jenin sono stati uccisi due palestinesi, secondo quanto ha riportato l'agenzia di stampa palestinese Wafa.