Estero

L’ex ostaggio di Hamas racconta: ‘Sono stata all’inferno’

La 85enne Yocheved Lifshitz: ‘Portata in una ragnatela di cunicoli sotterranei’. Ma al rilascio dice ‘shalom’ ai rapitori e stringe loro la mano.

Liberata dopo oltre due settimane
(Keystone)
24 ottobre 2023
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Tel Aviv – "Ho attraversato l'inferno, non avremmo mai pensato che sarebbe potuto succedere". Yocheved Lifshitz, 85 anni, è una delle due donne liberate lunedì sera da Hamas. Era stata presa in ostaggio lo scorso 7 ottobre nell'attacco al kibbutz di Nir Oz, e il giorno dopo ha raccontato così la sua prigionia durata oltre due settimane. La signora - rilasciata insieme a Nurit Yitzhak Cooper, 75 anni - si trova ora in Israele con i suoi familiari ma non con il marito, che è ancora ostaggio a Gaza.

Lifshitz, che è stata un'attivista pacifista per tutta la vita, ha comunque sottolineato di essere stata trattata bene dai suoi carcerieri, sollevando parecchie polemiche in Israele. In un video diventato virale sui social si vede l'ex ostaggio salutare con il tipico commiato ebraico ‘Shalom’ i miliziani dopo aver stretto loro la mano al momento del rilascio.

Picchiata con dei bastoni

"Sono dilagati nel kibbutz facendo saltare la recinzione elettronica che è costata 2 miliardi e mezzo di shekel e non è servita a nulla. Poi mi hanno messo su una motocicletta e hanno volato attraverso i campi" verso Gaza. Lungo il percorso, ha raccontato la donna parlando con i giornalisti su una sedia a rotelle, è stata picchiata con dei bastoni. "Non mi hanno rotto le costole ma mi hanno ferita gravemente, rendendomi difficile respirare. I terroristi hanno preso il mio orologio e i miei gioielli".

Una volta arrivati a Gaza è stata portata all'ingresso di una rete di tunnel, che ha descritto come "una ragnatela", e ha dovuto camminare "per chilometri" lungo i cunicoli sotterranei con pavimenti bagnati. Al termine del percorso, durato 2-3 ore, hanno raggiunto una grande sala dove erano radunati altri 25 ostaggi. "Ci hanno detto - ha raccontato ancora Yocheved - che credono nel Corano e che non ci avrebbero fatto del male, che ci avrebbero assicurato le stesse condizioni che hanno loro nei tunnel".

Lei e altri 4 ostaggi del kibbutz hanno condiviso la stessa camera sotterranea. "Ad un certo punto è arrivato un medico", ha spiegato l'anziana signora, e gli ostaggi sono stati messi sui materassi. Il dottore veniva ogni due giorni e organizzava le medicine. "Il trattamento che ci hanno riservato è stato buono. Hanno pulito i bagni, non noi. Avevano paura del contagio".

‘Si sono presi cura di noi’

Con i rapitori non hanno parlato di politica: "Gli abbiamo detto niente politica e non abbiamo risposto alle loro domande. E loro hanno parlato di ogni sorta di cosa. Con noi sono stati molto amichevoli. Si sono presi cura di tutti i nostri bisogni, questo gli va riconosciuto".

Sua figlia Sharone - che era con lei durante l'incontro con i giornalisti - ha detto che la madre "spera davvero che tutte le persone che erano con lei tornino a casa. I nostri cuori sono con gli oltre 200 ostaggi ancora lì. Il nostro cuore è con mio padre e con tutti i prigionieri che sono ancora lì".

‘Come i nazisti, peggio dell’Isis’

"Hamas ha adottato i metodi della guerra psicologica dei nazisti", hanno commentato da parte loro funzionari del governo israeliano. "Proprio come i nazisti organizzarono visite orchestrate per conto della Croce Rossa in un campo di concentramento ‘pulito’ allo scopo di presentarsi al mondo come esseri umani, Hamas, mentre massacra, violenta donne e spara ai bambini, cerca di presentarsi come umano rilasciando una manciata di persone che hanno rapito e che presumibilmente hanno trattato bene. Non dobbiamo mai credere alla propaganda di Hamas. E' peggio dell'Isis".

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