medio oriente

Le piazze sciite si mobilitano in difesa del Corano

Si allarga a Iran e Libano la crisi diplomatica tra Iraq e Svezia dopo i tentativi di bruciare i testi sacri dell’Islam a Stoccolma

Una bandiera svedese bruciata a Beirut
(Keystone)
21 luglio 2023
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A Teheran, Baghdad e Beirut, i tre principali centri dell'Islam politico sciita, diverse centinaia di manifestanti sono scesi in strada per protestare contro la profanazione del Corano, libro sacro dell'Islam, avvenuta anche ieri in Svezia da parte di un ex miliziano cristiano iracheno rifugiatosi a Stoccolma la cui richiesta di residenza permanente era stata da poco respinta.

Assalto all’ambasciata

E mentre si allarga la crisi diplomatica tra Svezia e Paesi islamici dal peso regionale come Turchia, Iran e Arabia Saudita, il governo svedese ha deciso di rimpatriare tutto il personale della propria ambasciata a Baghdad. Questa era stata presa d'assalto e poi incendiata nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi da seguaci del leader sciita iracheno Moqtada Sadr.

Come ricorda Masaab el-Aloosy, specializzato in questioni irachene presso il Gulf International Forum, Salwan Momika, già a capo di una milizia cristiano-irachena vicina all'Iran e costretto a lasciare l'Iraq per dissidi con altri signori della guerra locali, avrebbe agito per fini personali e non ideologici: dopo aver ottenuto lo status di rifugiato in Svezia per tre anni ed esser entrato a far parte di un gruppo dell'ultradestra svedese, aveva visto respinta la sua richiesta di residenza. Momika, racconta el-Aloosy citato dal quotidiano libanese L'Orient-Le Jour, "è stato anche condannato al servizio civile per aver minacciato di uccidere un uomo con un coltello in mano. Il passaggio da una posizione radicale all'altra è indicativo dell'opportunismo di Momika... bruciare il Corano è coerente con questo comportamento", utile sia ad accattivarsi la simpatia dei circoli islamofobi svedesi, sia a indurre le autorità di Stoccolma a bloccare il suo rimpatrio in Iraq, dove adesso la sua incolumità è in pericolo.


Keystone
La protesta anti-svedese a Teheran

Sul piano diplomatico, l'Iran ha convocato presso il Ministero degli esteri di Teheran l'ambasciatore svedese nella Repubblica islamica. Una misura analoga è stata presa dalle autorità saudite, che all'agenzia governativa di notizie hanno affidato una nota di protesta che chiede alle autorità svedesi di "prendere tutte le misure immediate e necessarie per porre fine a questi atti vergognosi".

La condanna di Ankara

Anche la Turchia, altro Paese storicamente schierato in prima linea nella difesa dell'immagine dell'Islam, ha preso posizione netta: "Condanniamo con la massima fermezza il vile attacco contro il nostro libro santo, il sacro Corano, davanti all'ambasciata irachena a Stoccolma", si legge in un comunicato del Ministero degli esteri turco.

Dal canto suo, il governo iracheno – che ieri aveva espulso l'ambasciatrice svedese a Baghdad richiamando in patria il proprio rappresentante a Stoccolma e sospendendo la licenza di operare nel Paese alla Ericsson, il colosso svedese delle telecomunicazioni – oggi ha chiesto una riunione urgente dei Paesi dell'Organizzazione della Cooperazione islamica (Oci).

Intanto a Beirut, Baghdad e Teheran diverse centinaia di manifestanti sciiti sono scese in piazza per protestare contro la profanazione del Corano. In tutte e tre le capitali sono state bruciate bandiere della Svezia. A Baghdad, i seguaci di Sadr hanno dato alle fiamme bandiere arcobaleno per denunciare "il doppio standard" che, secondo il leader iracheno, viene adottato in Occidente nel difendere le minoranze Lgbt+ e nell'autorizzare la profanazione del Corano.

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