Anche l’Egitto partecipa al progetto per lo sviluppo dell'economia palestinese
Ci sono voluti più di 20 anni ma ora lo sfruttamento del giacimento marino di gas naturale davanti le coste di Gaza sembra aver fatto un passo in avanti insieme alle speranze di possibili introiti per le disastrate casse palestinesi. L'ufficio del premier Benyamin Netanyahu ha infatti annunciato che Israele, Egitto e Autorità nazionale palestinese (Anp) "svilupperanno" il giacimento specificando che lo sviluppo avverrà "nel quadro degli sforzi esistenti" tra le parti "con particolare attenzione allo sviluppo economico palestinese e al mantenimento della stabilità della sicurezza nella regione".
Un giacimento (il maggiore ‘Marine 1’, il minore ‘Marine 2’) a 36 chilometri a largo dell'enclave palestinese, la cui portata è calcolata in oltre 1 trilione di metri cubi di gas naturale. Una boccata di ossigeno economico non solo per Gaza (dove però governa Hamas e non l'Anp) ma anche per la Cisgiordania, visto che oltre il consumo interno resterebbe anche una quota da esportazione. Allo sviluppo del bacino - secondo indiscrezioni stampa - dovrebbe pensare ora la ‘Egas’, azienda di energia di proprietà del governo egiziano. Non prima tuttavia - ha spiegato ancora l'ufficio del premier - del "coordinamento tra i servizi di sicurezza e al dialogo diretto con l'Egitto, in coordinamento con l'Autorità Palestinese, e al completamento del lavoro del personale interministeriale guidato dal Consiglio di Sicurezza Nazionale, al fine di mantenere la sicurezza e gli interessi diplomatici dello Stato di Israele in materia".
Keystone
Progetto che parte dai tempi di Arafat
La precisazione contiene tutta la storia di questo giacimento il cui rinvenimento risale al 2000 da parte dell'allora britannica BG che ebbe, l'anno prima, l'autorizzazione da parte dell'Autorità palestinese di indagare in mare. Da quella scoperta - per cause politiche, diplomatiche e storiche - lo sfruttamento non ha fatto un solo passo in avanti nonostante le affermazioni di principio delle parti in causa, Israele compreso.
Fu il presidente palestinese Yasser Arafat in persona nel settembre del 2000 a raggiungere, a bordo di una motovedetta della polizia palestinese, la piattaforma costruita dalla Bg e a dar inizio simbolicamente all'estrazione del gas naturale. Pochi giorni dopo esplose la Seconda Intifada e tutto si bloccò. Nel 2016 i diritti passarono alla Shell che aveva assorbito la BG. Se nel corso di tutti questi anni il ‘tesoretto’ - ancora intatto sotto il mare - è più volte tornato alla ribalta nelle varie trattative tra le parti, tuttavia non si è mai concretizzato nulla di reale.
L'annuncio del premier Netanyahu sembra rilanciare ora l'intera vicenda. E appare una diretta conseguenza dei colloqui israelo-palestinesi di Sharm el-Sheikh del marzo scorso sotto l'egida dell'Egitto svoltisi nel tentativo di far scendere la tensione tra le parti.