Il New York Tims: la Russia sapeva dove mettere le cariche. Controffensiva: Kiev avanza e prende un villaggio a sud
Nel giorno 480 dell'invasione gli ucraini avanzano verso sud, verso Melitopol, anche se con gravi perdite, mentre un'indagine del New York Times inchioda i russi sull'esplosione della diga di Kakhovka. Ad ammettere l'avanzata verso sud - quella che sembra diventata la punta di lancia della controffensiva di Kiev - è lo stesso il filorusso Vladimir Rogov, che afferma che gli ucraini "sono riusciti a prendere sotto il controllo operativo" la cittadina di Piatykhatky nella regione di Zaporizhzhia, ma "dopo aver ammassato centinaia di cadaveri dei loro militari".
Kiev ammette che i russi tentano l'attacco in quattro direttrici nel Donbass e che ci sono stati "17 scontri", rivendica di aver abbattuto 2 elicotteri d'attacco nemici nella zona, mentre secondo l'intelligence britannica, ‘’l'esercito russo sta subendo le perdite maggiori dall'apice della battaglia per Bakhmut".
Le informazioni raccolte dal New York Times su Kakhovka sono suffragate dai pareri di esperti e di persone a conoscenza dell'infrastruttura. Come per esempio l'ingegnere Ihor Strelets, ex vice responsabile delle acque per il bacino del Dnipro, che ricorda come la diga sia stata costruita in piena Guerra Fredda dall'Urss e resa praticamente indistruttibile a qualsiasi attacco esterno.
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Sott’acqua
L'area è occupata dai russi, a Mosca hanno tutti i piani di costruzione e a provocare il crollo non può essere stato un attacco missilistico ucraino. Anche perché - spiegano gli esperti - non bisogna considerare l'esile muraglia che emerge dall'acqua la "punta dell'iceberg", bensì il colossale blocco di cemento a sezione triangolare sottostante, che costituiva il nucleo della barriera appena sotto la superficie dell'acqua.
Spessa fino a 40 metri alla base, alta oltre 20 metri e percorsa longitudinalmente al suo interno da un tunnel per il passaggio del personale, il blocco, secondo gli esperti, è stato riempito di esplosivo dall'interno dai russi, pronti a farlo saltare al momento opportuno.
Per Nick Glumac, dell'Università dell'Illinois di Urbana, "non era necessario polverizzare la sezione della diga, ma bastava romperla quel tanto sufficiente per lasciare alla pressione dell'acqua il compito poi di demolirla". Le sezioni della barriera esterna colpite dall'artiglieria ucraina e quella fatta saltare dai russi per coprirsi la ritirata lo scorso novembre non potevano in alcun modo intaccare lo zoccolo duro sommerso.
Il momento opportuno per farlo saltare dall'interno è stato deciso da Mosca: la notte del 6 giugno, quando, alle 02.35 e alle 02.54 sensori sismici in Romania e in Ucraina hanno rilevato lo shock tellurico di fortissime esplosioni, suffragate dalle testimonianze dei residenti nella zona.
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L’arrivo degli aiuti
Le acque che da quel giorno hanno inondato 600 chilometri quadrati nel Kherson hanno lasciato una scia di morte e distruzione: il bilancio provvisorio è ora di almeno 45 persone, sommando entrambe le sponde del Dnipro: quella destra controllata dagli ucraini, che dà conto di 16 vittime, e quella sinistra occupata dai russi, dove il novero dei morti arriva a 29. Kiev sostiene che ci sono anche 31 persone ancora disperse e che 3'614 sono state evacuate dalle aree allagate.
Sul piano diplomatico Kiev intanto raccoglie l'impegno del ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, a parlare per la prima volta con il suo omologo ucraino, Oleksyi Reznikov. Ma il giorno dopo il fallimento della missione di pace africana a Kiev e a San Pietroburgo, da cui le delegazioni guidate dal Sudafrica sono tornate con un pugno di mosche, parte uno strale polemico del principale consigliere di Volodymyr Zelensky, Mikhailo Podolyak: "Una tipica frode russa", dice. Ai capi di stato e governo africani Vladimir Putin ha detto che è stata l'Ucraina a causare l'invasione, asserendo di "agire esclusivamente nell'ambito della Carta delle Nazioni Unite". Parole - per Podolyak - pronunciate da "un criminale di guerra ricercato a livello internazionale con un mandato d'arresto". Ai Paesi africani arriva un promemoria anche dal segretario generale della Nato: "Più territori occupati l'Ucraina riuscirà a liberare, più carte avrà al tavolo dei negoziati per raggiungere una pace giusta e duratura", chiarisce Jens Stoltenberg.