Estero

Sanzioni a Mosca e contenimento della Cina, G7 al via

Il presidente francese Emmanuel Macron: ‘Mosca sta diventando uno Stato vassallo di Pechino dopo l'aggressione all'Ucraina’

I leader a Hiroshima, le bombe a Kiev
(Keystone)

Le sanzioni alla Russia e il contenimento della Cina sono in cima all'agenda di Joe Biden e dei leader del G7, impegnati a Hiroshima fino a domenica in una tre giorni di incontri. Nell'imminenza dell'apertura dei lavori, gli ultimi pesanti commenti del presidente francese Emmanuel Macron - secondo cui Mosca sta diventando uno Stato vassallo di Pechino dopo l'aggressione all'Ucraina - hanno facilitato il percorso sull'ulteriore stretta nei confronti della Federazione russa.

Macron era tra i leader che forse più aveva premuto per non umiliare Vladimir Putin, ma ora "resta solo da definire le priorità da dare, in un quadro molto più chiaro", ha detto all'agenzia italiana ANSA una fonte vicina ai negoziati, secondo cui c'è una gamma di misure pronte a colpire le entrate russe, dalla stretta sui diamanti, sull'uranio e sull'oro fino alle contromisure per evitare che le sanzioni siano aggirate. "De facto, Mosca è entrata in una forma di asservimento nei confronti della Cina e ha perso l'accesso al Baltico, che era fondamentale, perché ha spinto la decisione di Svezia e Finlandia di aderire alla Nato", aveva osservato il capo dell'Eliseo parlando al quotidiano francese L'Opinion.

Di sicuro, i sette grandi riconfermeranno il "pieno supporto" all'Ucraina e discuteranno l'idea di un vertice internazionale di pace come un modo per gettare le basi per superare l'attuale stallo, con pochi avanzamenti sul campo di battaglia. In giornata si erano sparse voci su una possibile presenza di Volodymyr Zelensky a Hiroshima ma il premier nipponico Fumio Kishida ha chiarito in serata che il presidente ucraino non parteciperà di persona al vertice, ma sarà coinvolto in videoconferenza ad una sessione dei lavori di domenica. Del resto, ha osservato la stessa fonte, "Zelensky ha visitato nei giorni scorsi le principali capitali europee e gran parte dei leader del G7, assicurandosi anche un ulteriore sostegno militare".

L'altro dossier molto caldo è il contenimento della Cina. Sul punto, la presidenza nipponica di turno si è spesa molto sulla necessità di ribadire "l'importanza della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan", tema che è la prima linea rossa tracciata dalla leadership comunista. "Esortiamo il G7 al rispetto dei documenti politici sulle relazioni bilaterali con la Cina, a rispettare il principio dell'Unica Cina, a sospendere le connivenze e il sostegno alle forze di indipendenza di Taiwan", ha tuonato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, mettendo in guardia che "a giocare con il fuoco si rischia di restare bruciati".

Il contenimento però non si limiterà solo ai toni della dichiarazione finale, perché il proposito dei leader del G7 è definire un percorso che tuteli la sicurezza economica (ad esempio, la catena dei rifornimenti industriali) e limiti la coercizione economica della Cina, come nelle ritorsioni sperimentate da Paesi come Lituania e Australia.

La leadership comunista, per altro verso, ha piazzato le sue contromisure per evitare che il vertice di Hiroshima monopolizzasse l'attenzione a livello mondiale con Pechino nel mirino. Il rappresentante speciale per l'Ucraina Li Hui è stato inviato a Kiev dal presidente Xi Jinping a smentire, nella narrativa rilanciata dai media statali, il disimpegno di Pechino sulla crisi. Mentre il primo e inedito summit tra Cina e l'Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan) in corso a Xi'an, capoluogo dello Shaanxi, vuole segnalare che i tentativi di isolamento dell'Occidente sono inefficaci.

Intanto, a dispetto della cancellazione della storica visita di Biden a causa delle tensioni sul debito con i repubblicani, la Papua Nuova Guinea ha annunciato che firmerà un patto di sicurezza con gli Usa che concede alle truppe americane l'accesso ai porti e agli aeroporti della nazione. Uno strategico punto messo a segno da Washington nella lotta contro la Cina per l'influenza sul Pacifico meridionale.

Kiev ancora sotto attacco, esplosioni in Crimea

Nove attacchi in 18 giorni, "senza precedenti per potenza, intensità e varietà". È l'ennesima notte di esplosioni, quella vissuta dalla capitale ucraina Kiev che ancora una volta resiste alla pioggia di missili e droni dei russi che continuano a tenere nel mirino la città, costringendo i cittadini a dormire nei rifugi e ad avere paura.

Ma se la notte è il tempo dei russi, il giorno è quello della vendetta - non rivendicata - degli ucraini nella Crimea occupata, dove un treno "che trasportava grano" è deragliato a Simferopoli, senza provocare vittime. Nel complesso sono deragliati otto vagoni, cinque dei quali si sono ribaltati, in quello che secondo le ferrovie filorusse della regione è stato un attentato, mentre Kiev si è limitata a precisare che quella linea serve al trasporto di armi per i russi e che finché gli invasori rimarranno nella penisola "non ci sarà pace" per quel territorio.

L'Ucraina esulta intanto per un nuovo successo della difesa aerea, che ha abbattuto nella notte 29 missili da crociera su 30 e 4 droni, ha riferito l'aeronautica. Se a Kiev la caduta dei detriti ha causato incendi e danni a strutture non residenziali di tre distretti, il bilancio è più grave a Odessa, dove una persona è morta e altre due sono rimaste ferite in seguito all'attacco missilistico. Il ministero della Difesa russo ha rivendicato di aver colpito "grandi depositi di armi e attrezzature militari di fabbricazione straniera e truppe di riserva nemiche", sottolineando che "tutti i bersagli designati sono stati centrati". Ma intanto Mosca deve incassare l'ennesima ferita in Crimea, nel giorno in cui l'Ucraina commemora la deportazione forzata dei tatari della penisola dalle autorità sovietiche.

"Ora sempre più leader internazionali si stanno rendendo conto che senza il ritorno della Crimea all'Ucraina non ci sarà alcun ritorno alla pace", ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sottolineando ancora una volta che l'obiettivo di Kiev resta il ripristino dei confini del 1991. Un pensiero ribadito anche all'inviato cinese Li Hui durante la sua visita a Kiev: se il rappresentante di Pechino ha esortato le parti a creare le condizioni per i colloqui di pace, il capo dell'ufficio presidenziale Andriy Yermak gli ha comunicato che "il piano di pace ucraino contiene risposte esaurienti a tutte le sfide poste da questa guerra".

Lo stallo sulla soluzione diplomatica resta, mentre si guarda al G7 dal quale - secondo quanto riferito dai media - potrebbe uscire l'idea di un vertice internazionale di pace sull'Ucraina. Nel frattempo continua la corsa alle armi: il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha confermato che i missili Storm Shadow hanno già fatto il loro debutto nel conflitto. Sul terreno, gli occhi restano puntati su Bakhmut, dove le forze ucraine hanno rivendicato l'ennesimo avanzamento di 2 km di larghezza e 700 metri di profondità nella periferia ovest, mentre il capo dei mercenari Wagner Yevgeny Prigozhin ha denunciato una nuova fuga delle truppe regolari russe, che si sarebbero ritirate fino a 570 metri a nord della città lasciando scoperti i fianchi dei suoi combattenti. "Faccio appello ai vertici del ministero della Difesa pubblicamente, perché le mie lettere non vengono lette", ha detto il capo dei miliziani alimentando la polemica con il suo antagonista Sergei Shoigu.

Mentre si attende la controffensiva ucraina per liberare i territori occupati, resta intanto la morsa degli invasori sempre più intenzionati a sradicare la popolazione dalla sua terra per trasferirla in Russia. Oggi è arrivato anche l'ok definitivo della Duma alla possibilità della "deportazione forzata e controllata" di persone dai territori in cui è stata introdotta la legge marziale, e quindi le regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, che Mosca ha annesso unilateralmente e considera ormai russe. "È necessario punire il mondo russo e ripristinare la giustizia. Altrimenti sarà un ciclo infinito di deportazioni", la risposta del consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak.

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