Estero

Decine di morti nella guerra tra generali in Sudan

Lo scontro allontana la transizione verso le prime elezioni libere dopo 30 anni di dittatura islamico-militare dell'autocrate Omar al-Bashir

(Keystone)

Lo scontro fra esercito regolare e paramilitari guidati da un generale legato al Gruppo Wagner, che da sabato si contendono il potere in Sudan anche a colpi di raid aerei e artiglieria, ha generato un bagno di sangue con decine di morti - tra cui tre operatori del Programma alimentare dell'Onu - e centinaia di feriti. L'Unione africana accorre in un tentativo di concordare un cessate il fuoco, ma l'impresa è difficile visto che si è continuato a sparare nonostante l'apertura di corridoi umanitari per soccorrere feriti concordato per sole tre o quattro ore.

Un bilancio attendibile del numero delle vittime è quello stilato dall'organizzazione non governativa "Comitato centrale dei medici sudanesi" che ha contato 56 morti, di cui 25 a Khartum, e 595 feriti, per una metà soccorsi nella capitale. Le cifre però risalgono alla domenica mattina e sono destinate ad aumentare visto che sono stati segnalati scontri per tutta la giornata: spari, colpi di artiglieria e forti esplosioni anche durante l'apertura dei corridoi umanitari dichiarata alle 16.00.

A scontrarsi per il potere sono le forze armate comandate dal generale Abdel-Fattah Al-Burhan, capo del Consiglio sovrano che guida il paese, e paramilitari delle Forze di sostegno rapido (Rsf) guidate dal numero due della giunta, Mohamed Hamdan Dagalo, detto "Hemedti". L'attrito degenerato in scontro aperto è riconducibile ai tempi e modi dell'inquadramento nelle forze regolari delle Rsf, epigoni della famigerata milizia dei "Janjaweed", i "diavoli a cavallo" che seminarono morte e terrore nella guerra civile in Darfur negli anni Duemila.

Oltre a far allungare l'ombra di Mosca sul Sudan, dove già operano i mercenari russi del Gruppo Wagner con cui "Hemedti" fa affari nell'estrazione dell'oro, lo scontro allontana ulteriormente la transizione alla democrazia e alle prime elezioni libere dopo 30 anni di dittatura islamico-militare dell'autocrate Omar al-Bashir, deposto nell'aprile 2019.

Combattimenti sono stati segnalati intorno al Comando generale dell'esercito a Khartum e di nuovo nella base di Merowe, circa 380 km a nord della capitale. In una guerra di annunci quasi impossibile da verificare, Dagalo ha sostenuto di controllare il "90% delle aree militari in Sudan" anche grazie a numerose defezioni tanto che ormai, a suo dire, Al-Burhan "si nasconde sotto terra" e "deve solo arrendersi". L'intelligence militare sudanese ha fatto al contrario sapere che l'esercito controlla "tutti i siti militari della capitale".

Lo spazio aereo sul Sudan è stato chiuso e a Khartum, dove mancano acqua ed elettricità, i civili che si avventurano all'esterno rischiano di finire sotto il fuoco incrociato.

ll Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, maggiore organizzazione umanitaria del mondo, ha annunciato una sospensione temporanea delle proprie operazioni in Sudan a causa dell'uccisione di tre suoi dipendenti e il ferimento di altri due nel Darfur settentrionale. Le uccisioni e i ferimenti sono stati condannati "fortemente" dal segretario generale dell'Onu Antonio Guterres. Il Pam ha dichiarato di dover sospendere le sue operazioni nel paese da 45 milioni di abitanti, uno dei più poveri al mondo, anche perché un proprio aereo è stato danneggiato da colpi d'arma da fuoco all'aeroporto di Khartum.

In questo quadro è stato annunciato che il capo dell'Unione africana, Moussa Faki Mahamat, andrà "immediatamente" in Sudan per spingere esercito e paramilitari a concordare un cessate il fuoco. Anche i confinanti Egitto e Sud Sudan e il vicino Kenya si sono offerti di mediare.

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