Un’istanza chiede di accertare di chi siano tre Dna trovati nel 2010 sulla scena del crimine a Ostia. Una nuova tesi indica una dinamica diversa dei fatti
È stata depositata questa mattina in Procura a Roma un’istanza per chiedere la riapertura delle indagini relative all’omicidio di Pier Paolo Pasolini avvenuto a Ostia il 2 novembre del 1975. Nell’istanza si chiede di accertare a chi appartengano i tre Dna individuati dai carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche (Ris) nel 2010 sulla scena del crimine.
"Quella notte all’Idroscalo di Ostia Pino Pelosi non era solo – afferma il legale –, ci sono almeno tre tracce, tre ‘fotografie’ di persone e ciò giustifica il perché, dopo quasi 50 anni, è ancora possibile arrivare a una verità giudiziaria. Una verità che si baserebbe su dati scientifici, sulla presenza di tre Dna: da qui si deve partire per svolgere le indagini per accertare a chi appartengono".
I presentatori dell’istanza di riapertura del fascicolo aggiungono che "nella prima indagine questo si è fatto in modo parziale, vennero esaminati circa 30 Dna ma oggi è tempo di fare verifiche più diffuse tenendo presenti anche le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, esponente della Banda della Magliana, che alla Commissione Antimafia dà una giustificazione sul perché Pasolini si recò all’Idroscalo di Ostia: non era lì per consumare un rapporto sessuale occasionale con Pino Pelosi, con il quale lo scrittore aveva una relazione, ma per riottenere le pizze di ‘Salò, le 120 giornate di Sodoma’ che gli erano state sottratte e a cui teneva tantissimo".
Per gli autori dell’istanza, Pasolini venne "attratto in una trappola e lì venne aggredito a morte. Nell’istanza di centinaia di pagine forniamo molti elementi, tante tessere che i magistrati devono mettere insieme", affermano.