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Arrestati 1’500 bolsonaristi. Lula vuole la linea dura

Caccia ai responsabili dell’assalto. L’ex presidente ricoverato negli Stati Uniti

Un momento degli scontri (Keystone)
9 gennaio 2023
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Ondata di arresti in Brasile e caccia ai responsabili dopo l’assalto alle istituzioni che per alcune ore ha fatto vacillare la democrazia del gigante sudamericano. Il Paese stamattina si è risvegliato ancora sotto shock per l’attacco sferrato domenica da migliaia di seguaci di Jair Bolsonaro alle sedi dei tre poteri simbolo dello Stato: Parlamento, governo e Corte suprema. Per un paio d’ore il popolo bolsonarista si è abbandonato a ogni tipo di devastazione negli edifici che si affacciano sulla Piazza dei Tre Poteri.

Ricordando quanto realizzato a Capitol Hill dai seguaci di Donald Trump, i ribelli brasiliani hanno sfondato porte, infranto vetrate e vetrine, sfasciato sedie e tavoli, saccheggiato armadi, sfregiato quadri d’autore e perfino compiuto gesti oltraggiosi. Il ministro della Comunicazione, Paulo Pimenta, ha assicurato che c’è stato chi "ha orinato e defecato nel Palazzo del Planalto", sede del governo.

La solidarietà al presidente Luiz Inacio Lula da Silva è arrivata immediata da tutto il mondo, dagli Usa all’Italia, dalla Cina alla Russia, dall’Ue a Messico e Argentina. I media hanno evocato "l’atto più grave contro la democrazia brasiliana dalla fine della dittatura", ma la polizia si è mostrata totalmente impreparata e incapace di radunare forze sufficienti per fermare l’attacco. Anzi, infuriano le polemiche per gli scatti di alcuni agenti che sembravano fraternizzare con i rivoltosi. Per cercare di capire come sia potuta accadere una cosa del genere, il Senato brasiliano costituirà una Commissione d’inchiesta parlamentare. Ma è un fatto che sia il governatore del distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, sia soprattutto il suo ministro della Sicurezza, Anderson Torres, uomo di Bolsonaro, avevano assicurato sul carattere "assolutamente pacifico" della mobilitazione. Questo fa capire perché, nel momento dell’assalto, Lula si trovava lontano, nello stato di San Paolo, in visita a zone alluvionate di Araquara.


I danni a un edificio pubblico (Keystone)

È da lì che il presidente ha firmato il decreto per sancire l’immediato intervento federale del governo di Brasilia e la nomina di Rodrigo Garcia Cappelli quale responsabile dell’operazione. Prima di rientrare di corsa a Brasilia, Lula ha condannato l’attacco "vandalico e fascista" subito dagli edifici pubblici e assicurato che "tutti i responsabili saranno individuati e giudicati". Dalle dichiarazioni del capo dello Stato - che oggi ha parlato di "atti terroristici", evocando la possibilità che "siano stati finanziati da uomini d’affari anche all’estero" - è cominciata la riscossa governativa, sostenuta anche dalla Corte suprema. Uno dei giudici, Alexandre de Moraes, ha disposto la destituzione del governatore di Brasilia e ordinato lo sgombero degli accampamenti dei sostenitori di Bolsonaro, a Brasilia e nel resto del Paese. "Agiremo - ha dichiarato la presidente della Corte, Rosa Weber - affinché i terroristi che hanno partecipato a questi atti siano processati e puniti in modo esemplare".

In giornata la polizia è riuscita, con il sostegno di un esercito mostratosi spesso troppo comprensivo con i bolsonaristi, a sgomberare la base dei militanti davanti al quartier generale militare nella capitale, con l’arresto di circa 1’500 persone, portate via in 40 autobus. Sentendosi chiamato in causa, dagli Stati Uniti, dove oggi fra l’altro è stato ricoverato in una clinica di Orlando per "forti dolori addominali", Bolsonaro ha cercato di prendere le distanze dagli atti di violenza definendoli "illegali" e che però, a suo avviso, non sarebbero diversi da quelli commessi da militanti di sinistra nel 2013 e 2017. La sua permanenza in territorio Usa potrebbe diventare difficile in futuro, perché alcuni parlamentari hanno ipotizzato una sua estradizione. Ma il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, ha fatto sapere che per ora nessuna richiesta è pervenuta dal Brasile.


Un’immagine dell’assalto (Keystone)

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