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Gli ayatollah non si fermano, altre 11 condanne a morte

La minaccia si allarga: ‘Puniremo chi protesta anche se vive all’estero’

Omaggi a Khamenei e Khomeini a Teheran (Keystone)
13 dicembre 2022
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Un’altra giornata di orrore nella guerra degli ayatollah contro il popolo iraniano che punta a fare terra bruciata attorno alla protesta. Dopo l’impiccagione di Mohsen Shekari, l’8 dicembre, e di Majidreza Rahnavard, ieri, la magistratura ha dichiarato di aver emesso altre 11 condanne capitali contro altrettanti ragazzi scesi in strada per manifestare dopo la morte di Mahsa Amini. Un numero che secondo gli attivisti è inferiore a quello effettivo, valutato in almeno il doppio. Ma il pugno di ferro del regime di Teheran si è abbattuto anche su altri tre detenuti accusati di reati comuni.

Nuovi giustiziati

Secondo l’agenzia di stampa iraniana degli attivisti per i diritti umani, ieri sono stati giustiziati nella prigione di Qazvin, nell’Iran nord-occidentale, Abbas Hosseini e Ali Seyyedkhani, due detenuti per reati legati alla droga. E l’8 dicembre era stato impiccato un altro detenuto, Shayan Hassanpour, 23 anni, accusato di omicidio. Tutti e tre erano stati arrestati e condannati a morte tre anni fa e sono stati giustiziati nonostante la promessa della Corte che la condanna non sarebbe stata eseguita, hanno denunciato gli attivisti, secondo i quali "nessuna delle fonti ufficiali e dei media iraniani ha riportato queste esecuzioni".


Proteste in tutto il mondo contro il regime iraniano (Keystone)

Potrebbe essere imminente, secondo Amnesty International, anche l‘esecuzione della condanna a morte nei confronti di Saman Seydi, giovane rapper noto come ’Yasin’, arrestato durante le proteste per aver sparato in aria e colpevole, secondo gli ayatollah, anche di aver sostenuto le rivolte con messaggi sui social oltre che di aver criticato la repubblica islamica con le sue canzoni. Ma la brutalità del regime infierisce anche dopo la morte, e dopo aver dettato regole rigide per i funerali di Shekari e Rahnavard costringendo le famiglie a piangerli praticamente in clandestinità, oggi è stata attaccata e danneggiata la casa dei parenti del giovane impiccato ieri.

Pene fino a dieci anni per 400 persone

Tra le migliaia di persone finite in carcere per il loro coinvolgimento nelle proteste, almeno 400 sono state condannate a pene detentive fino a dieci anni, a quanto riferito dal capo della magistratura di Teheran Ali Alghasi-Mehr. I giornalisti arrestati sono una settantina, denuncia l‘Associazione dei reporter iraniani, e almeno 35 sono ancora in prigione. Tragico il bilancio complessivo dei morti. Le persone uccise dagli apparati di sicurezza dall’inizio delle proteste sono oltre 400, una sessantina i minori. Incalcolabile il numero dei feriti. Ma gli spietati interpreti della Sharia, che hanno accusato di ‘moharebeh’ (’inimicizia contro Dio’) i ragazzi impiccati, promettono di non fermarsi ai confini nazionali e di braccare ovunque dissidenti e potenziali rivoltosi. Chiunque ha un ruolo nelle attuali "rivolte" in Iran e ha danneggiato il Paese, verrà punito in qualsiasi luogo del mondo, anche se vive all’estero, è la minaccia del ministro dell’Intelligence Esmail Khatib.

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