Estero

Donald Trump, accuse pesanti dal Dipartimento di Giustizia

Nella sua villa di Mar-a-Lago rinvenuti documenti (anche top secret) che a fine mandato avrebbero dovuto essere consegnati ai National Archives

31 agosto 2022
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Donald Trump e il suo team probabilmente rimossero e nascosero a Mar-a-Lago documenti classificati per ostacolare le indagini. A gettare nuova luce sull‘indagine che rischia di travolgere il tycoon è il documento depositato dal dipartimento di Giustizia per opporsi alla sua richiesta di nominare uno ‘special master’, una sorta di arbitro, per esaminare il materiale sequestrato dall‘Fbi nella perquisizione dell’8 agosto e tornare in possesso delle carte non pertinenti all’inchiesta. Un’istanza su cui il giudice non ha ancora deciso e che, se accolta, potrebbe allungare i tempi dell’investigazione. A differenza dell’affidavit, rimasto in gran parte coperto da omissis, il nuovo atto del ministero della Giustizia è molto più chiaro. In sostanza si spiega che l’Fbi ha ottenuto il decreto di perquisizione dopo aver avuto evidenze "che documenti governativi erano stati probabilmente nascosti e rimossi dalla stanza-deposito e che gli sforzi erano stati fatti probabilmente per ostruire l’indagine del governo" sulla gestione del materiale classificato che l’ex presidente aveva portato con sé in Florida. Restituendone agli Archivi Nazionali solo una parte, come emerso dalle altre 20 casse scoperte nel raid. "Che l’Fbi, nel giro di ore, abbia recuperato il doppio di documenti contrassegnati come classificati dopo che l’avvocato e altri rappresentanti dell’ex presidente hanno avuto settimane per fare la loro ’ricerca diligente’, mette in seria discussione la rappresentazione dei fatti nella certificazione del 3 giugno (sulla completa restituzione di quanto richiesto, ndr) e getta dubbi sull‘estensione della cooperazione in questa vicenda", si legge nell’atto firmato da Jay Bratt, capo della sezione controspionaggio del dipartimento di Giustizia. Il file è finora il resoconto più dettagliato sulle evidenze di ostruzione della giustizia, sollevando il sospetto che Trump e i suoi legali abbiano cercato di fuorviare gli investigatori sulla sincerità e accuratezza dei loro sforzi per identificare e restituire agli Archivi nazionali documenti altamente sensibili. Il vecchio adagio di Washington, ’non è il crimine ma l’insabbiamento’, conferma che alcuni dei maggiori scandali politici scoppiano solo dopo che si accendono i riflettori dell’indagine, a partire dal Watergate. Resta peraltro da capire l’uso che Trump intendeva fare di quei documenti, comprendenti anche un fascicolo su Emmanuel Macron, della cui vita privata il tycoon si vantava di conoscere dettagli riservati. Intanto Joe Biden alza il tiro contro Trump e i suoi alleati, già definiti nei giorni scorsi "semi-fascisti", e tenta di trasformare la campagna di Midterm in un nuovo duello contro il suo predecessore. "Non puoi essere pro polizia e pro insurrezione, non puoi essere il partito della legge e dell’ordine e definire patrioti quanti hanno aggredito la polizia nell’assalto al Capitol", ha attaccato nello swing state della Pennsylvania, dove farà tappa anche giovedì per parlare in prime time dell’ "anima della nazione" davanti all’Independence Hall di Philadelphia, culla della costituzione Usa. Poi ha preso di mira implicitamente anche il senatore Lindsey Graham, tra i più stretti alleati del tycoon, che ha evocato il rischio di rivolte in strada se Trump verrà incriminato. "Non c’è posto in questo Paese per chi mette a rischio la vite delle forze dell’ordine", ha ammonito, dicendosi contrario a tagliare i fondi sia alla polizia che all’Fbi. Una strategia di attacco frontale pericolosa, perché rischia di etichettare tutti gli elettori repubblicani come estremisti, mentre la maggioranza degli americani sembra più preoccupata da inflazione e rincari che dalle sorti della democrazia. (ANSA).

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