Estero

Algeria alle urne, ma la piazza boicotta il voto

Legislative senza il movimento Hirak, spazio per gli islamisti tra l'incertezza generale

Manifesti elettorali ad Aid Ouessara (Keystone)
10 giugno 2021
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L'Algeria, il più vasto Paese africano e grande esportatore di gas verso l'Italia, è chiamato alle urne sabato per elezioni legislative anticipate concepite per legittimare il sistema di potere orfano del defunto presidente Abdelaziz Bouteflika ma boicottate dal movimento di protesta "Hirak" che nell'aprile 2019 spinse alle dimissioni - con la decisiva spallata dei militari - il ventennale e malato autocrate.

Con i partiti vincitori della precedente tornata del 2017 sempre più screditati, si prevede un alto tasso di astensionismo che dovrebbe favorire candidati più o meno indipendenti e formazioni islamiste moderate in grado di raccogliere una maggioranza relativa. Il sistema di repubblica presidenziale in cui i laici militari esercitano una forte influenza, secondo alcuni analisti, dovrebbe riuscire a limitare gli effetti di un'affermazione elettorale dell'islam politico algerino.

Le proteste

Al boicottaggio, o almeno alla libertà di scelta se andare al voto, ha fatto appello l'opposizione laica e di sinistra, peraltro in apparente perdita di consenso. Si prevede quindi una forte astensione soprattutto nella regione berbera nord-orientale della Cabilia e i partiti al potere sperano in un tasso di partecipazione fra il 40 e il 50%. Rispettivamente del 60 e 70% era già stato peraltro l'astensionismo alle presidenziali del 2019 e al referendum costituzionale dell'anno scorso. Per eleggere per cinque anni i 407 deputati dell'Assemblea nazionale del popolo, la Camera bassa del Parlamento, sono chiamati circa 24 milioni di algerini che dovranno scegliere fra oltre 1.500 liste che presentano più di 13 mila canditati.

Oltre la metà si definiscono "indipendenti": mai così tanti, potrebbero imporsi come nuova forza dell'Algeria con l'avallo del sistema di potere attuale. I vincitori delle recedenti legislative, ossia il Fronte di liberazione nazionale (Fnl) e il Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd) che sostenevano Bouteflika, vengono considerati responsabili della crisi economico-sociale che attanaglia il Paese e quindi sono attribuite loro poche chance. I due partiti vengono associati sia al corrotto sistema contro cui hanno marciato con cadenza settimanale dal febbraio 2019 i manifestanti dell'hirak (il "movimento"), sia la repressione che ha cercato di stroncarlo attraverso fermi e processi a carico di oppositori, militanti, giornalisti e avvocati (attualmente, per fatti legati all'Hira, sono in carcere almeno 214 persone).

Le previsioni

In assenza di sondaggi attendibili, in questo quadro alcuni analisti prevedono una maggioranza relativa per i cinque partiti islamici moderati, peraltro rivali fra loro e comunque non in grado di dominare l'emiciclo. Il Movimento della Società per la Pace (Msp), vicino ai Fratelli musulmani progenitori di Hamas ma già al governo fra il 1996 e il 2011, però si dice "pronto a governare" l'ex-colonia francese ora secondo fornitore energetico dell'Italia. Le formazioni musulmane prendono comunque le distanze dal disciolto "Fronte Islamico di Salvezza" e dal terrorismo protagonisti del "decennio nero" della guerra civile che fra il 1992 e il 2002 causò circa 200 mila morti.

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