Estero

Dal primo maggio truppe Nato via dall’Afghanistan

Biden vuole che l'ultimo contingente lasci il Paese entro il prossimo 11 settembre

Soldati dell'esercito afghano (Keystone)
14 aprile 2021
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I soldati americani e quelli della Nato lasceranno l'Afghanistan a partire dal primo maggio. L'Alleanza Atlantica segue la strada tracciata dagli Usa di Joe Biden, convinto che "sia giunta l'ora di porre fine a questa lunga guerra".

Da maggio a settembre gli oltre 7'000 soldati della coalizione lasceranno il suolo afghano a 20 anni dall'attacco alle Torri gemelle e a 10 dall'uccisione, in Pakistan, di Osama bin Laden.

Annunciando ufficialmente dalla Casa Bianca il ritiro delle truppe, Biden ha affermato che "è tempo di mettere fine alla più lunga guerra americana, è tempo per le truppe americane di tornare a casa dall'Afghanistan". Il ritiro sarà ordinato, non precipitoso, e sarà coordinato con gli alleati della Nato.

Gli Usa hanno raggiunto il loro obiettivo in Afghanistan 10 anni fa quando il leader di al-Qaida Osama bin Laden fu ucciso da un commando americano, ha spiegato Biden. "Dopo le ragioni di stare lì sono diventate sempre meno chiare", ha aggiunto.

Il presidente ha quindi sostenuto che "solo gli afghani hanno il diritto e la responsabilità di guidare il loro paese" e ha ammonito i talebani a tener fede "ai loro impegni" contro il terrorismo e li ha messi in guardia che gli Usa chiederanno loro conto su quanto accadrà in Afghanistan. Ha inoltre chiesto al Pakistan di fare di più per sostenere l'Afghanistan.

Ad assicurare che il paese può prendere il controllo della sicurezza è stato il presidente afghano Ashraf Ghani durante un colloquio con Biden. "Le forze di sicurezza - ha detto - sono pienamente in grado di difendere il loro popolo e il loro paese. Rispettiamo la decisione degli Stati Uniti e lavoreremo con i nostri partner statunitensi per garantire una transizione graduale e senza scosse".

La decisione del ritiro entro settembre ha però già raccolto l'ostilità dei talebani, rimasti ancorati alla scadenza negoziata dall'amministrazione Trump, con il disimpegno totale entro il primo maggio. E che hanno quindi annunciato che diserteranno la conferenza di pace prevista dal 24 aprile al 4 maggio ad Istanbul. "Non parteciperemo a nessuna conferenza sul futuro dell'Afghanistan finché tutte le truppe straniere non si ritireranno dal paese", ha scritto su Twitter il portavoce Mohammad Naeem.

Mentre il ministero degli esteri russo ha definito la decisione di allungare i tempi del ritiro una "violazione evidente dell'accordo americano-talebano firmato il 29 febbraio 2020", ammonendo sul fatto che "il conflitto armato in Afghanistan potrebbe intensificarsi nel prossimo futuro".

Quel che è certo è che la Nato, ricompattata con l'arrivo di Biden dopo gli anni difficili di Donald Trump, ha ribadito il suo mantra: "entriamo insieme, usciamo insieme". E si è allineata all'annuncio dell'inquilino della Casa Bianca.

"Abbiamo condiviso la linea Usa, conveniamo sul fatto che serva un cambio di passo in Afghanistan", ha detto il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio da Bruxelles al termine dell'incontro sul dossier con i colleghi tedesco, turco, britannico e con il segretario di Stato americano e poco prima dell'avvio del Consiglio Nord Atlantico.

In Afghanistan del resto, ne è convinto il segretario di Stato americano Antony Blinken, "sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati: ora è tempo di riportare le truppe a casa". E di farlo tutti insieme, "in stretta collaborazione con i nostri alleati", ha aggiunto.

D'accordo anche la ministra tedesca della difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer: "abbiamo sempre detto entriamo insieme, usciamo insieme", ha commentato. Così come il segretario di Stato per la difesa britannico Ben Wallace, che ha ribadito come tutti i dettagli verranno decisi "in coordinamento con gli Usa, con l'Alleanza Atlantica" e con in mente l'obiettivo di "un Afghanistan sicuro e stabile".

Anche se la strada per raggiungere questo obiettivo sembra ancora molto lunga: secondo i dati dell'Onu, nei soli primi tre mesi dell'anno nel paese sono stati uccisi 573 civili e 1'200 sono stati feriti. Si tratta soprattutto di donne e bambini rimasti mutilati, vittime di sparatorie, ordigni esplosivi o assassinii mirati.
 
 

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