Estero

#MeToo sbarca in Kuwait, donne rompono muro silenzio

Il tema nell'emirato arabo è ancora tabù, ma tantissime persone stanno denunciando molestie, abusi e aggressioni soprattutto a danno delle lavoratrici immigrate

(archivio Keystone)
10 febbraio 2021
|

Beirut – Crescono di ora in ora i sostenitori della campagna mediatica contro le molestie sessuali alle donne in Kuwait, ricco emirato arabo dominato da una mentalità patriarcale conservatrice. Un fenomeno che fa eco alla mobilitazione cominciata nel 2017 negli Stati Uniti con l'hashtag e slogan molto diffuso #MeToo.

La denuncia è partita in sordina con un video pubblicato nei giorni scorsi da una nota fashion blogger, Asha al Faraj, con doppia cittadinanza kuwaitiana e americana. Nel filmato, Faraj ripeteva in maniera ossessiva la parola "problema". "Questo Paese ha un problema!", diceva riferendosi al fenomeno delle molestie. "Ogni volta che esco, c'è qualcuno che mi molesta o molesta un'altra donna per strada...Non provi vergogna? Abbiamo un problema di molestie in questo Paese, e io ne ho abbastanza!", affermava nel filmato.

La sua testimonianza ha innescato una valanga mediatica e spingendo moltissime altre donne a rompere il muro del silenzio su un tema da molto tempo considerato tabù. Il tema è stato affrontato anche sui media tradizionali da diverse giornaliste e attiviste del paese arabo del Golfo. Tra queste, Bibi al Khudari, ha condotto personalmente una inchiesta ripresa anche dal giornale nazionale al Qabas.

Gli attivisti ricordano però che a subire maggiormente le molestie e gli abusi più pesanti sono le numerose lavoratrici immigrate, estremamente vulnerabili perché sole e non protette dalla società maschilista e tribale.

La campagna continua a essere amplificata dai social network tramite l'hashtag, in arabo, "lan asket" ("non rimarrò zitta"). Migliaia di tweet e post compaiono sotto questo titolo, non solo dal Kuwait ma anche da altri paesi della regione, dove si verificano quotidianamente molestie, abusi, aggressioni. Alla campagna ha aderito anche l'ambasciata statunitense in Kuwait. La sede diplomatica si è espressa in tal senso sui social media: "Una campagna che vale la pena sostenere. Tutti possiamo fare di più per prevenire le molestie contro le donne, sia negli Stati Uniti che in Kuwait".

E in un Paese che alle ultime elezioni legislative di dicembre scorso ha visto eletto un parlamento composto da soli uomini, persino membri donne della casa reale dei Sabah hanno aderito e dato voce alla campagna.

Ma non mancano voci fuori dal coro. Durante un programma di approfondimento della tv di Stato, il conduttore ha intervistato Anwar Dashti, presidente dell'Associazione kuwaitiana per le libertà. L'intervistatore ha chiesto a Dashti se "in qualche modo gli abusi non possano essere provocati dal modo di abbigliarsi" delle donne.