Estero

Donald Trump grazia i suoi amici prima di andarsene

È un elenco infinito di nomi, almeno cento, quello che in queste ore giace sul Resolute Desk, la scrivania dello Studio Ovale

(Keystone)
18 gennaio 2021
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Washington – È un elenco infinito di nomi, almeno cento, quello che in queste ore giace sul Resolute Desk, la scrivania dello Studio Ovale. Sono i condannati ai quali Donald Trump, nel suo ultimo giorno alla Casa Bianca, intende concedere la grazia o commutare la pena. Una tradizione, quella del perdono last minute, che si tramanda da presidente a presidente. Sono infatti già 94 i provvedimenti di clemenza firmati in quattro anni da Trump, di cui ben 49 nella settimana prima di Natale. Sulla nuova lista, a cui nel weekend Trump ha lavorato per ore con la figlia Ivanka e col genero Jared Kushner, vige il più stretto riserbo. Ma diverse fonti giurano che dentro si trovano ancora una volta amici e alleati di sempre del tycoon, come il suo ex stratega Steve Bannon, finito nei guai per una truffa legata al muro col Messico.

In un momento in cui appare sempre più isolato, Trump sente il bisogno di assicurarsi ancor di più la fedeltà di certi controversi personaggi, il motivo per cui a fine 2020 ha graziato tutti i suoi sodali coinvolti nelle indagini del Russiagate: Roger Stone, Michael Flynn, Paul Manafort, George Papadopoulos. A beneficiare della clemenza presidenziale ci sarebbero poi tanti colletti bianchi, dirigenti e funzionari pubblici finiti in carcere per reati legati a frodi fiscali, tangenti, corruzione. 

Il perdono del presidente uscente dovrebbe essere concesso, secondo le indiscrezioni, anche ad alcune personalità del mondo dello spettacolo, come i popolarissimi rapper Lil Wayne e Kodak Black, che nel recente passato hanno dato il loro sostegno a Trump. Wayne rischia dieci anni di prigione per possesso illegale di armi, Black sta scontando quattro anni di detenzione per comportamenti violenti e reati legati alla droga. Molto contestata è anche la scelta di gestire molte grazie attraverso un sistema di segnalazione personale gestito dai fedelissimi del presidente – che in alcuni casi, secondo il ‘New York Times’, hanno ottenuto dagli interessati decine di migliaia di dollari – invece di seguire il normale iter affidato al Dipartimento di Giustizia.

Salvo sorprese dell’ultima ora, non comparirebbero invece nel lungo elenco i nomi dello stesso Trump e dei membri della sua famiglia. L’ipotesi di usare i suoi poteri per graziare sé stesso e i figli, proteggendo tutti da future indagini e inchieste, sarebbe stata alla fine scartata. Il capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, e il consulente legale Pat Cipollone avrebbero convinto il presidente uscente che i rischi di incostituzionalità di una ‘auto-grazia’ sono troppo elevati, oltre a favorire il diffondersi nell’opinione pubblica di un’idea di colpevolezza di Trump. Un aspetto quest’ultimo che The Donald vuole assolutamente evitare, anche perché da un recente sondaggio emerge che il 68% degli americani sarebbe contrario.

C’è un’altra idea che Trump non sopporta: quella di lasciare Washington da ex presidente. Così mercoledì dirà addio alla Casa Bianca di prima mattina, verso le 8, ore prima del giuramento di Biden previsto a mezzogiorno. Difficile che sulla scrivania dello Studio Ovale lasci la tradizionale lettera al successore, rompendo così anche l’ultima tradizione.

Il record di ‘presidential pardons’ all‘ultimo minuto utile resta comunque saldamente nelle mani di Barack Obama, che graziò in un colpo solo 330 individui. Non però amici e sodali, ma piuttosto persone colpite da condanne severissime per reati minori, ad esempio legati alla droga. Furono solo 18 invece le grazie dell‘uscente George W. Bush. Molto contestate furono invece le 140 di Bill Clinton, anche a favore di suoi finanziatori e altri personaggi, gestite in alcuni casi tramite l‘intercessione di intermediari profumatamente pagati dagli stessi galeotti.

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