Estero

Folla oceanica a Minsk anti-Lukashenko

Centomila persone hanno occupato pacificamente Piazza Indipendenza chiedendo 'libertà'

Manifestanti a Minsk (Keystone)
23 agosto 2020
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Mosca - Una marea bianca e rossa ha ancora una volta invaso il centro di Minsk per chiedere a gran voce le dimissioni dell'"ultimo dittatore d'Europa", come viene spesso descritto il presidente Alexander Lukashenko, da 26 anni al potere.

I colori della bandiera tradizionale - assurta a simbolo del movimento di protesta, in opposizione alla bandiera verde-rossa dell'era sovietica usata dai supporter del regime - hanno colorato il centro della città: una folla di manifestanti, 100'000 secondo media di opposizione, hanno occupato Piazza Indipendenza e hanno marciato attraverso la capitale chiedendo "libertà".

Nemmeno le minacce di schierare l'esercito, allertato da Lukashenko che si è presentato in conferenza in divisa militare, hanno fermato la gente dallo scendere in piazza: giovani, anziani, famiglie con bambini. Ad accoglierli hanno trovato altoparlanti che li ammonivano, ordinando di abbandonare immediatamente la "manifestazione illegale". E poi cannoni ad acqua e polizia in assetto antisommossa.

Diverse stazioni della metropolitana di Minsk sono state chiuse e il ministero della difesa ha minacciato un intervento per proteggere i memoriali "sacri" della Seconda Guerra mondiale, circondati con filo spinato per non far avvicinare i manifestanti.

Una protesta che sembra dunque essere riuscita a bissare il maxiraduno di domenica scorsa, sempre nella capitale, e che segna due settimane di mobilitazione dopo le contestate elezioni che hanno riconsegnato il potere per un sesto mandato al 65enne Lukashenko. Il voto era stato bollato da subito come irregolare dagli oppositori e criticato dalla comunità internazionale.

Bruxelles promette sanzioni

L'Unione europea ha promesso sanzioni per i bielorussi responsabili dell'eventuale frode elettorale e di una repressione della polizia che ha visto quasi 7000 arresti, con accuse di torture e abusi. Anche se il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha ammonito che con Lukashenko è necessario trattare e che il Paese non può diventare una "seconda Ucraina".

Cuscinetto tra la Russia del presidente Vladimir Putin da una parte e gli Stati baltici e la Polonia membri della Nato dall'altra, la Bielorussia ha incassato per ora un sostegno solo verbale al suo governo da parte del Cremlino, che ha escluso nei giorni scorsi qualsiasi intervento. Così come l'Alleanza atlantica ha negato che sia in corso una concentrazione di truppe al confine con la Bielorussia. Smentendo le accuse di Lukashenko, che aveva puntato il dito contro presunte "potenze straniere" dietro la protesta di piazza.

Al di là del confine con la vicina Lituania, che ospita nel suo autoesilio la candidata d'opposizione Svetlana Tikhanovskaya, quello che sta succedendo è invece una grande prova di solidarietà con i dimostranti bielorussi: migliaia di persone stanno formando una catena umana dalla capitale Vilnius fino alla frontiera, circa 30 chilometri di tragitto. Un gesto che richiama quello di sfida messo a segno trent'anni fa contro l'Unione Sovietica: il 23 agosto 1989 milioni formarono una catena umana attraverso i tre Stati baltici di Lituania, Lettonia ed Estonia per esprimere il loro desiderio di libertà. Lo stesso che oggi sembra animare i cuori di tantissimi cittadini bielorussi.

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