Estero

Silvia Romano è tornata a casa. 'Si è convertita all'islam'

È arrivata oggi a Roma la cooperante milanese rapita in Kenya nel 2018. Gli inquirenti cercano di capire se sia stata costretta ad aderire all'islam.

(Keystone)
10 maggio 2020
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Roma - Un lungo abbraccio con i familiari, la prima esplosione di gioia per scacciare un incubo durato 18 mesi: così Silvia Romano ha riconquistato una piccola parte di normalità, appena rientrata in Italia dopo la fine della sua prigionia in Somalia.

"Sto bene mentalmente e fisicamente e sono felicissima", sono state le prime parole della cooperante milanese all'aeroporto di Ciampino, dove ad accoglierla c'erano anche il premier italiano Giuseppe Conte ed il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Prima di godersi la sua famiglia e tornare a casa, in Lombardia, il colloquio con i pubblici ministeri romani per approfondire i dettagli del sequestro, di matrice jihadista. E per capire se la ragazza, che è scesa dall'aereo con una veste islamica, si sia convertita con convinzione o se sia stata forzata.

Liberata con un blitz a 30 km da Mogadiscio

Silvia Romano ha trascorso la notte a Mogadiscio, ospite dell'ambasciatore italiano, al termine di una giornata che non dimenticherà facilmente: la ritrovata libertà, grazie ad un'operazione dell'Aise, i servizi di sicurezza esterna italiani, supportati dai colleghi somali e turchi, che l'hanno recuperata in una zona a 30 km dalla capitale. Il rientro in Italia è avvenuto via Gibuti, con un Falcon dell'intelligence che è atterrato all'aeroporto militare di Ciampino alle 14.

La ragazza è scesa dal velivolo con guanti e mascherina anti-coronavirus e indossando un "jilbab", abito tradizionale somalo senza un forte connotato religioso ma comunque di uso comune in ambienti dove è diffusa la fede islamica. Arrivata nella sala d'ingresso, accompagnata da due agenti a volto coperto, si è stretta alla madre e alla sorella, poi al padre, che l'ha accolta con un inchino, prima di stringersi a lei. Tra le lacrime di felicità.

'Sono stata trattata sempre bene'

"Sono stata forte", ha detto ai genitori, in apparente buona salute, ed ha ringraziato "le istituzioni". Conte, dopo averla salutata, ha detto che "in questo momento di grande difficoltà" è arrivato un "segnale che lo Stato c'è". E "quando lavoriamo coesi e concentrati ce la facciamo sempre", ha aggiunto il premier, ringraziando i servizi, la Farnesina, Di Maio e le autorità giudiziarie.

Silvia si è poi diretta nella caserma del Raggruppamento operativo speciale (Ros) per incontrare il pubblico ministero della Procura di Roma Sergio Colaiocco e l'antiterrorismo dei carabinieri, che in questi mesi hanno svolto le indagini. "Durante il sequestro sono stata trattata sempre bene: mi avevano promesso di non uccidermi e così è stato", ha detto ai magistrati, che in quattro ore di colloquio hanno cercato di ricostruire le varie fasi del sequestro, avvenuto il 20 novembre 2018 in villaggio in Kenya, dove la 25enne milanese si occupava di bambini per conto di una onlus.

Gli Shabaab dietro il rapimento?

Finora sembra certo che sia stata rapita su commissione, da un gruppo di criminali comuni locali assoldati dai jihadisti somali di al Shabaab o comunque da un gruppo a loro affiliato. Anche perché il suo passaggio oltre confine sarebbe stato quasi immediato: "In questi mesi sono stata trasferita frequentemente, sempre in luoghi abitati, sempre alla presenza degli stessi carcerieri", ha raccontato ai magistrati.

Gli Shabaab, che vogliono instaurare la sharia in Somalia, da anni sono relegati nelle zone rurali del sud del Paese e conducono la loro campagna attraverso attentati, per destabilizzare le fragili istituzioni. Così un ostaggio straniero rappresenta una preziosa merce di scambio per finanziarsi.

Il nodo della presunta conversione

Un passaggio chiave per gli inquirenti è la sua presunta conversione all'islam. La ragazza ne avrebbe fatto riferimento subito dopo la liberazione, ma senza voler dare ulteriori indicazioni, aggiungendo soltanto di volerne parlare prima con la famiglia. Ma secondo fonti investigative, potrebbe essere stato il frutto "della condizione psicologica in cui si è trovata durante il rapimento".

L'ipotesi di un'adesione forzata all'islam sarebbe suffragata anche da una notizia circolata nei mesi scorsi, secondo cui la giovane cooperante sarebbe stata costretta a sposare uno dei carcerieri. Sui social, poi, non è sfuggito che a Ciampino Silvia indossasse una veste molto abbondante: circostanza che in molti hanno interpretato come la possibilità che possa essere incinta. Ipotesi che, al momento, non trova nessun riscontro.

Anche la modalità del rilascio della cooperante è al vaglio dei magistrati e su questo tema si concentra la polemica politica.

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